Ho saputo da voci straniere…

Ho saputo che da qualche parte, in un tempo remoto, la nebbia planava ogni sera e avvolgeva le cose; quieta, lenta, morbida come l’abbraccio dei petali chiusi.

Mi hanno detto che avveniva all’ora del crepuscolo, quando gli uccelli piano smettono il canto della sera ed i silenzi prendono sotto braccio le ombre, accompagnandosi verso i sogni della notte.

Ho saputo, poi, che con la nebbia, alle case con le imposte chiuse, si avvicinavano gli spiriti dei boschi e sussurravano il canto dei venti freschi e leggeri che scendevano dalle montagne, per poi salire in alto lungo i pendii dei pascoli fra refoli di veli candidi e spuma di pulviscolo d’acqua.

Mi hanno detto che quando questo accadeva i bambini sentivano quei canti e si stringevano l’un l’altro, mentre qualcuno accanto al fuoco, raccontava loro di terre lontane e di maghi e folletti che popolavano il mondo.

Mi hanno detto che in quel tempo la pelle delle donne profumava di aria fresca quando rientravano nelle loro case dai campi alla sera, e le mani degli uomini erano felici della terra e delle resine dei boschi.

Ho saputo queste cose da delle voci che venivano dal silenzio e che mi parvero straniere quando mi vennero a trovare, e ho pensato di lasciarle dette qui, queste cose, prima che svaniscano ancora e di nuovo, come fanno le nebbie quando si allungano al mattino sugli specchi d’acqua, per poi dileguarsi sui bordi, lungo le vallecole in ombra.

35 pensieri su “Ho saputo da voci straniere…

          1. Il denaro fa gola a (quasi) tutti… sfortunatamente sembra che il denaro sia l’antitesi della qualità (soprattutto nell’arte).

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          2. A volte mi trovo in difficoltà a giudicare questo atteggiamento, sai? Da una parte vorrei che l’arte fosse pura ed esente da qualsiasi contaminazione con il vil denaro; dall’altra parte, però, bisogna tener presente che tutti i professionisti cercano un modo per arrivare a fine mese.
            Se non avesse voluto soldi o fama, non avrebbe mai reso pubblica l’arte… sarebbe rimasta in eterno nello studio.

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          3. Non so, forse non è proprio così. Chi fa arte penso lo faccia perché ha la necessità di esprimersi;fare arte per sé stessi, eludere la condivisione può essere una scelta, ma trovo che fra gli artisti è cosa piuttosto rara, se non altro perché molto spesso gli artisti sono egocentrici e narcisisti. Non sempre, non voglio generalizzare, molto dipende dal carattere, ma spesso è così ed è una fortuna, perché in questo modo la condivisione, l’esigenza di dire raggiunge l’altro. Tuttavia queste motivazioni esulano tutte dal compenso economico. Chi ama quello che fa, lo fa a costo di fare la fame. Se poi gli viene riconosciuto con una giusta retribuzione, tanto meglio; significa che quello che ha da dire viene ascoltato compreso e forse piace anche. E se quello che fa apre nuovi orizzonti anche a uno solo di quelli che ne godono, direi che l’eventuale mancato compenso non è stato inutile.

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