L’illusione

Mentre riguardavo questo capolavoro mi sono resa conto che è stato realizzato un anno dopo la mia nascita; e ho pensato che da allora, a differenza di ciò che illustra l’autore votando l’opera ad un rassicurante lieto fine, non è che le cose sono migliorate molto. La “denuncia artistica” di Back del ruolo soverchiante di un progresso ammaliante, aggressivo e votato in senso unilaterale alla tecnologia e ad un intrattenimento volto all’assopimento delle coscienze, ha effettivamente portato alla perdita di libertà per un numero sempre più importante di esseri umani; tuttavia non c’è stata mai un’inversione di tendenza concreta, reale.

Questo corto animato è un lavoro semplice, poetico, importante, ma mi chiedo quanti si rendano realmente conto che è anche una denuncia di ormai più di quarant’anni fa e che da allora  le nostre condizioni di vita non sono per nulla cambiate, tutt’altro; semmai per molti aspetti sono peggiorate. Siamo ancora nella fase buia, temo; quella dove il sole non illumina il mondo e dove il pensiero è meccanico e per nulla creativo, perché inconsapevole!

Sì, sono tempi bui, questi, eppure la nostra condizione è limpidamente illustrata in questa dolcissima e nel contempo illuminante opera d’arte. Nella sua semplicità Frédéric Back, (che ricordo è l’autore del film d’animazione “L’uomo che piantava gli alberi”), con il suo inconfondibile stile colmo di colore e poesia, cercò di mettere in guardia le coscienze, e in questi quarant’anni le coscienze che cosa hanno fatto? Hanno continuato a dormire. Stanno ancora dormendo, distratte dal nulla mediatico, dal superfluo, dall’affanno di vivere una perenne notte emotiva colma di ansie che si contorcono su se stesse, nell’ eterno e vano tentativo di trovare il bandolo della matassa.

Il vuoto terrorizza, perché la maggior parte di noi non sa come colmarlo; ce lo siamo dimenticati nelle distrazioni fatte di schermi liquidi che rimandano luci artificiali e fredde.

Eppure, mi sono detta, se qualcuno allora, e altri prima e dopo di lui hanno saputo creare piccole-grandi opere come, e/o simili a questa, un po’ di speranza rimane in fondo al cuore; perché so che come e simili a Frédéric Back ve ne sono stati e ve ne saranno altri… forse non tantissimi, ma ci sono, ci saranno. In questo io confido.

Credo che dobbiamo molto a chi sa creare pensiero e arte, perché anche questa è Bellezza e come dico spesso nei miei post, a costo di risultare retorica, credo fermamente che se un riscatto ci sarà per l’essere umano, questo dovrà necessariamente passare per quella sensibilità creativa che produce “Arte” e quindi “Pensiero” nel senso più alto del termine. Finiranno questi tempi bui prima o poi, e tutti abbiamo il dovere di lavorare affinché questo avvenga presto. In fin dei conti, in ognuno di noi c’è Bellezza, se non altro perché, che noi ne siamo consapevoli o meno, e a prescindere dal merito o non merito che questo comporta per ognuno di noi, anche l’essere umano è Natura.

 

 

 

Vite brevi

A maggio/giugno nascono i cuccioli di capriolo, i così detti “bambi”. Le femmine di capriolo ne partoriscono uno, a volte, e più raramente, due. Appena nati le madri li leccano e poi li allattano. I piccoli di capriolo sono molto vulnerabili appena nati; i predatori come volpi, mustelidi carnivori vari, cani liberi, rapaci e via dicendo, sono tutti potenziali pericoli mortali per i piccoli “bambi”.

cucciolo

Per questo motivo le madri lasciano i piccoli ben nascosti fra l’erba e si allontanano da loro per nutrirsi e poter poi tornare ad allattarli; paradossalmente la presenza delle madri vicino ai piccoli caprioli appena nati potrebbe essere un ulteriore pericolo, perché attirerebbero l’attenzione di potenziali predatori. Un capriolo appena nato e scoperto da un predatore ha probabilità pressoché nulle di cavarsela. Per questo le madri li lasciano nell’erba da soli e ben nascosti e si avvicinano a loro solo per allattarli. In questo modo i piccoli di capriolo possono crescere con minori probabilità di venire predati.

Questa è la natura; ciò che a noi può apparire crudele e snaturato (l’abbandono, seppur momentaneo, di un cucciolo da parte della madre) per i caprioli è in realtà una strategia di sopravvivenza. Il problema è che noi queste cose spesso non le capiamo, o semplicemente non le conosciamo, e pare nulla, ma le conseguenze di questo tipo di “non conoscenza” spesso ha risvolti disastrosi.

Moltissime persone che durante le loro escursioni hanno la “fortuna” di trovare un piccolo “bambi” fra l’erba, nella maggior parte dei casi si avvicinano, lo accarezzano (i piccoli hanno come loro unica arma di difesa il mimetismo e l’immobilità e nemmeno se toccati si muovono) e quando vedono che questo non si muove, scatta quell’istinto protettivo nei confronti del cucciolo che segnerà inevitabilmente la sua morte, o nel migliore dei casi, una vita triste in cattività, se “l’amante degli animali” di turno, preso da compassione e spirito di protezione si spinge a raccogliere il cucciolo “per portarlo al sicuro”.

piccolo

Queste sono tutte azioni da non fare assolutamente! I cuccioli vanno lasciati stare e si deve assolutamente evitare di avvicinarsi al luogo dove sono rannicchiati, perché se la madre sente l’odore di esseri umani o di animali domestici nelle immediate vicinanze del cucciolo, o peggio, addosso al suo piccolo, è sicuro che lo abbandonerà davvero e definitivamente, smettendo di allattarlo. Come si può intuire, il risultato è la morte certa del piccolo.

Men che meno lo si deve raccogliere!!

E questo è uno dei problemi gratuiti che noi esseri umani creiamo e che questi miti animali selvatici devono affrontare nel periodo delle nascite, ma non finisce qui; in realtà il problema maggiore per i piccoli rannicchiati fra l’erba non sono i predatori, ma ancora una volta noi esseri umani; a maggio giugno, infatti, tutti i contadini sanno che viene falciato il fieno. Si entra nei prati con le lame falcianti e si percorre tutta la superficie con le lame a terra; ora, secondo voi, cosa può capitare ad un animale rannicchiato fra l’erba che ha come unica strategia di difesa il mimetismo e l’immobilità?

Beh, so che avete intuito ciò che accade a centinaia di piccoli di capriolo (ma questo è purtroppo anche il destino di molti piccoli di cervo) quando si entra nei prati e nei campi con i mezzi agricoli in estate, ma a costo di sembrare troppo cruda ed esplicita ve lo voglio raccontare nei dettagli, perché trovo sia un modo barbaro di lavorare e perché è bene che l’indifferenza venga smossa con dei resoconti dettagliati.

Ho visto zampe maciullate, spezzate, penzolanti e carni e tendini tagliati dalle lame; e ho visto grandi occhi neri e liquidi sbarrati dal dolore e dal terrore; ho sentito minuscoli cuori battere all’impazzata quando raccoglievo piccoli corpi martoriati e ancora vivi; ho visto il sangue e l’agonia di minuscole creature che hanno la sola colpa di essere nati in luoghi dove la presenza dell’uomo è troppo vicina; ho visto tutto questo e mi sono chiesta che senso abbia. MI sono chiesta a quale punto di civiltà è arrivata la nostra specie se il prodotto è questo.

dolce

E ho pensato a chi sa essere indifferente e non prende posizione fra le fila di chi potrebbe pensare a delle concrete misure di prevenzione e farle applicare. Io quando vedo queste cose, quando vedo che da un anno all’altro il rito macabro si ripete, mi chiedo dove stanno quelli che hanno la responsabilità di tutelare i cuccioli; è una morte atroce quella alla quale vanno incontro!! L’azione delle lame non è quasi mai letale; i piccoli che vengono tagliuzzati agonizzano a lungo prima di morire e se un predatore li trova, per loro è una fortuna, perché è l’unica possibilità che hanno perché le sofferenze finiscano in fretta. Un capriolo tagliuzzato da una lama falciante non urla; forse è per questo che nessuno ci fa caso.

bambi

Da come l’uomo tratta gli esseri che lo circondano si può capire il livello di civiltà alla quale siamo arrivati; in fin dei conti, in nome della tecnica e del progresso, ciò che facciamo agli esseri viventi che popolano il nostro quotidiano, non è molto dissimile da ciò che noi infieriamo a noi stessi come specie. Basta pensare a come spesso vengono trattati i bambini, o i vecchi. Trovo ci sia una scarsissima dose di intelligenza in tutto questo, e di conseguenza un bassissimo livello di evoluzione, lo devo dire.

Ritengo che per preservarci come specie dovremmo cominciare ad avere un po’ più di umiltà nel cuore e dovremmo smettere di pensare che le nostre azioni nefaste non avranno mai delle conseguenze. Essere indifferenti ai problemi che causiamo alla Natura in nome del nostro egoismo e della nostra ignoranza equivale ad essere indifferenti ai problemi che causiamo a noi stessi, alle generazioni che verranno. Occorre guarire dalla stupidità, dall’indifferenza e dall’egoismo; è necessario.

Le foto sono prese dal web.(https://it.pinterest.com/source/creynoldsphoto.blogspot.com -https://it.pinterest.com/source/simply-boho.tumblr.com)