La domenica pomeriggio del 19 luglio 1992, esattamente 27 anni fa, io probabilmente stavo lavorando nel ristorante di famiglia, presumibilmente assonnata e stanca dopo un sabato notte passato a gironzolare per i locali delle vallate, o in qualche discoteca in compagnia della mia banda di amici adolescenti.
Avevo 18 anni nel 1992 ed il mondo, la vita ed il futuro in generale mi sembravano tutte cose complicate, ma tutto sommato a portata di mano; me lo ricordo che ero felicemente incosciente, un po’ spaventata, perché consapevolmente ignorante; in una parola vivevo avvolta dalla noia dei doveri famigliari (dovevo lavorare e facevo un lavoro che non mi piaceva) e dalla classica inquietudine post-adolescenziale della quale, forse, oggi mi rendo conto, non mi sono mai davvero liberata. In un modo diverso, ma inquieta lo sono tutt’ora, sempre; una condizione scomoda, ma forse non del tutto negativa.
Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Antonio Caponnetto.
Nello stesso momento in cui io cercavo di trovare un senso del tutto nei fondi di caffè che servivo nel locale di famiglia, quella domenica pomeriggio, alle 16 circa, a 1500 km di distanza e di fronte al civico 21 di Via Mariano D’Amelio a Palermo, una 126 imbottita di esplosivo veniva fatta saltare in aria, uccidendo sei persone.
Morirono in quell’esplosione il Magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l’esplosione e in gravi condizioni.
Il Giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta morti in Via D’Amelio il 19 luglio 1992.
I nomi delle persone che morirono in quella strage vanno elencati e imparati, vanno detti guardando la foto dei loro volti e questo va fatto spesso, perché queste persone vanno ricordate e va ricordato il sacrificio che fecero, il motivo per il quale morirono.
Dico questo perché oggi ho fatto una prova, un esperimento sociale, chiamiamolo così; ho detto a dei miei colleghi (ho smesso di servire caffè da tempo e ora lavoro nella pubblica amministrazione) che oggi cadeva la ricorrenza dei 27 anni di Via D’Amelio. Non ho aggiunto altro e sono rimasta in attesa di una risposta… che però non è arrivata. Il risultato del mio esperimento mi ha fatta cadere in uno stato di tristezza e malinconia profondissime… e ho ancora adesso, a distanza di ore, un groppo in gola. Lo sconforto è infinito e ho fatto grande fatica a dissimulare questo stato d’animo; nessuno di loro sapeva che cosa fosse la Strage di Via d’Amelio e quando ho spiegato di che si trattava, si sono affrettati a cambiare discorso.
E’ gente della mia generazione, nata fra gli anni 60 e 80, eppure di queste cose pare non abbiano mai sentito parlare, o forse “semplicemente” non ricordano, chissà…
La strage di Via D’Amelio 1992
Pochi mesi prima dell’uccisione di Paolo Borsellino e degli uomini della sua scorta, il 23 maggio, in un altro attentato morì Giovanni Falcone con la moglie, anche lei magistrato, Francesca Morvilllo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Falcone era grande amico e collega di Borsellino, ma di lui vorrei parlare in un altro momento e dedicandogli la dovuta attenzione. C’è però da dire che la fine comune che fecero i due magistrati è da ricollegarsi al lavoro che condussero nell’ambito del Maxi Processo condotto dal Pool Antimafia di Palermo, dei quali facevano parte entrambi e che fu importante ed estremamente efficace all’epoca, nella lotta contro Cosa Nostra. Non son cose che si possono mettere da parte, non vanno dimenticate ed i motivi sono molti e tutti serissimi e importantissimi.
Ritornando quindi al mio piccolo esperimento sociale, questa è l’Italia di oggi, 27 anni dopo; è il Paese che NON sa e che NON ricorda. Questo è il Paese della NON MEMORIA e della NON legalità; è il Paese dell’indifferenza nei confronti di chi ha dato la vita per rendere il mondo in cui viviamo un mondo migliore e per difenderci dalla violenza e dalla prepotenza delle mafie. Questo è esattamente il mondo in cui le mafie trovano terra fertile per prosperare!!
Paolo Borsellino diceva che della mafia bisogna parlare, che ne vanno spiegate le dinamiche, che vanno chiariti gli interessi occulti e le spinte che muovono le organizzazioni mafiose, che va spiegato che cos’è il clientelismo dei partiti, che cos’è la corruzione, che cos’è la collusione e che vanno messi bene in mostra i potenziali legami che possono crearsi fra mondo politico, mondo imprenditoriale e mafia, perché tutti questi soggetti operano sui territori in cui viviamo e spesso si muovono in parallelo, quando non si intrecciano in modo subdolo e, se si tratta di mafia e organizzazioni criminali camorriste o n’dragheta, ovviamente agendo in modo contrario ad ogni principio di legalità.
La forma di ignoranza che aleggia ovunque a tal proposito e l’assenza pressoché totale del senso di legalità fra i miei contemporanei è proprio quello che lo stesso Paolo Borsellino confidava che non si verificasse mai più nel nostro Paese. Lui si recava nelle scuole e favoriva in tutti i modi lo sradicamento della cultura mafiosa attraverso la divulgazione di una conoscenza del fenomeno mafioso, e di una presa di coscienza capillare fra i giovani delle dinamiche che ne sono alla base, perché era convinto che in questo modo non ci sarebbe stato un ritorno a quel substrato culturale fatto di ignoranza. Le mafie prosperano nell’ignoranza, questo è risaputo.
Il giudice capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo nel 1979 Rocco Chinnici; fondò il Pool Antimafia di cui fecero parte Borsellino e Falcone.
Beh, se Paolo Borsellino oggi fosse stato con me in quell’ufficio, avrebbe capito che di lavoro da fare ce n’è ancora tantissimo e che addirittura, forse, oggi se ne sa ancora meno di quanto se ne sapeva negli anni 80 quando, sotto il fuoco degli attentati stragisti, l’Italia si teneva suo malgrado informata e la gente, forse per mera paura, un po’ cercava di capire da dove venivano quelle bombe e perché per le strade c’erano tutti quei morti ammazzati.
Lascio qui di seguito il link di un video che spero con tutto il cuore qualcuno si prenda il tempo di guardare fino in fondo, anche se esula dai canonici cinque minuti di attenzione che siamo abituati a dedicare ai video su youtube, per poi passare subito a qualcos’altro. E’ un documento importante e serve un po’ per capire l’argomento e conoscere davvero il problema, e un po’ per rendersi conto dello spessore morale e umano della persona che era Paolo Borsellino.
Si tratta di una “lezione” tenuta da Paolo Borsellino in un istituto di formazione di Bassano del Grappa. E’ un video per noi forse un po’ faticoso da guardare, perché siamo abituati a cose brevi, molto meno impegnative e tecnicamente più pulite e scorrevoli, ma considerando che è stato registrato nel 1989, e vista la portata morale e umana di quanto il giudice Borsellino trasmette, possiamo anche soprassedere sulle pecche tecniche di audio e riprese e fare lo sforzo di guardarlo fino in fondo. Vi prego di fare questa “fatica”, se potete.
Questi video ed altri documenti andrebbero divulgati nelle scuole ed andrebbe spiegato bene ai ragazzi chi è Paolo Borsellino e chi è Giovanni Falcone; bisognerebbe parlare delle loro vite, del loro lavoro, di quanti mafiosi hanno fatto rinchiudere, di quante vite hanno salvato e bisognerebbe parlare di chi come loro sono morti per la Giustizia, per il bene comune e per amore della Legalità e della Verità. Ad oggi non è stata fatta ancora chiarezza su chi sono i reali responsabili della loro morte. Di certo la mafia in questo caso ha agito su mandato e per interesse di altre “entità”; Borsellino lo aveva capito e probabilmente è per questo motivo che venne ucciso subito pochi giorni dopo Falcone. Parlerò in un altro momento dei depistaggi delle indagini e della ormai famosa “Trattativa Stato-Mafia” che sembra essere il vero ostacolo affinché si possa fare chiarezza, arrivare alla Verità e fare Giustizia in merito.
Ritengo che conoscere bene personaggi come Falcone e Borsellino sia fondamentale oggi, perché c’è un grande bisogno di maturare una coscienza civica e morale; in un mondo caotico e confuso come quello odierno, che galleggia su instabili e manipolate onde mediatiche, costruito su relazioni virtuali, esigenze superflue, valori fasulli che inseguono oggetti inutili e bisogni fittizi, ecco, quando si cerca un punto fermo e salvifico in un marasma come questo, io credo che i valori che ci hanno lasciato Uomini come Borsellino, Falcone e altri come loro, possano essere davvero dei riferimenti solidi e fermi; un modo per sapere in che direzione è più sano dirigersi, insomma.
Nel video che trovate nel link che ho messo sopra, Borsellino non parla di cose del passato; ogni argomento che lui spiega (nonostante la complessità dell’argomento) in modo chiaro e semplice nel relativamente lontano 1989, ogni sua parola è più che mai attuale e questo dovrebbe farci riflettere. Borsellino andò a Bassano, come in molte altre scuole italiane a parlare ai ragazzi di mafia, perché già allora si sapeva che la criminalità organizzata investiva i suoi capitali al Nord e perché lui sapeva benissimo che la diffusione di informazioni chiare in merito al problema mafioso nelle scuole e nelle università, ostacola l’espansione di attività criminali. Mi consola il fatto che in rete e nelle scuole qualche buon esempio di buona volontà in tal senso c’è anche oggi.
Guarda caso, è proprio di oggi la notizia che trovate a pagina 6 del SOLE 24 ORE, la quale riporta i risultati della relazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA); dalla relazione si evince che proprio in Lombardia c’è la percentuale più alta di tutta Italia delle operazioni finanziarie sospette: 19.752 operazioni per la precisione, a fronte delle 17.860 della Campania, delle 10.639 del Lazio, delle 9.812 dell’Emilia Romagna e delle 6.151 della Sicilia. Questo per rispondere a chi sostiene che la mafia prospera solo nel meridione; non è così: la mafia investe dove ci sono i soldi e dove può usare dei prestanome insospettabili, ed i soldi nel nostro Paese si trovano al nord, quindi allegri (si fa per dire), ce n’è per tutti e tutti dovremmo essere vigili e attenti!!
Nell’articolo di cui sopra, il giornalista Marco Ludovico, sottolinea come una micro-cultura mafiosa sia cresciuta in tutto il Paese, sfruttando l’insensibilità e la sottovalutazione; bene, a fronte di ciò ci tengo a dire che il piccolo esperimento sociale di cui ho parlato poc’anzi, è stato fatto prima che io leggessi questo articolo e come vi ho già raccontato, se l’ insensibilità e la sottovalutazione di cui si parla nell’articolo avevano bisogno di conferme, io nel mio piccolo ne ho avute, ed amare.
Ludovico dice poi che la diffusione della mafia al nord sta avendo vita facile anche perché NON C’E’ ALLARME SOCIALE e questo ha anestetizzato le coscienze; è un po’ quel che diceva Borsellino in una sua intervista che rilasciò due giorni prima di morire: “la percezione collettiva dell’attività mafiosa si ha solo quando ci sono i morti.” Quando la mafia prospera lo fa nel silenzio. Beh, pare non sia cambiato molto in quasi trent’anni… ma sapendolo, qualcosa noi tutti dovremmo fare. Parlarne è importante, è un primo passo perché si prenda coscienza, perché i morti di mafia come Borsellino, Falcone e altri con e come loro, non siano morti invano.