E’ online il mio libro

Ho finalmente pubblicato il mio primo libro sulle erbe aromatiche e le piante officinali. Il titolo è STORIE SELVATICHE DI MAGHI,STREGHE E PIANTE MEDICINALI. E’ un manuale pratico corredato di alcuni racconti… una cosa un po’ fuori dagli schemi come prodotto editoriale, mi rendo conto, ma mi andava di farlo così. Spero venga apprezzato.

Trovate l’ebook a questo link ed a breve saranno disponibili anche le versioni cartacee, per chi avrà la curiosità di volerlo tenere fra le mani https://amzn.to/3AzMKtf . Non è ancora concretamente disponibile, ma lo si può prenotare a questo link, mentre il formato cartaceo arriverà a fra un paio di giorni.

Attualmente per me pubblicare non è un hobby, perché come forse qualcuno di voi saprà, non lavoro dall’ottobre 2021 e l’unica attività che mi dovrebbe fornire un reddito, seppur minimo (mi rendo conto dei limiti e delle difficoltà), attualmente è proprio questa. Sto lavorando al secondo volume, confidando che il primo possa essere apprezzato e vada bene.

In tal senso mi aiuterebbero moltissimo le recensioni (buone o cattive, non importa), perché darebbero visibilità al libro e mi permetterebbero di andare avanti con le nuove pubblicazioni e con l’auto formazione, ma sono ovviamente gradite soprattutto le critiche ed i consigli, perché ho bisogno di imparare e di migliorare, se ne avrete la pazienza. Per me questo è un mondo nuovo, un lavoro nuovo e io so che fra di voi c’è gente che ha competenze eccelse ed esperienza di lunga data in tal senso.

Ho cercato di fare un prodotto di qualità e penso di averlo curato con tutto l’impegno che potevo metterci; è però il mio primo lavoro e non pretendo che sia perfetto. Migliorerò, confido; io ce la sto mettendo tutta. In fin dei conti penso di aver fatto qualcosa di buono, ma lascio a chi vorrà vedere di che si tratta, l’ardua sentenza. Il giudizio non spetta a me.

Non ho potuto pubblicare le illustrazioni come avevo anticipato per questioni economiche e questo mi spiace, perché ci avevo lavorato tanto; confido di poterle pubblicare con i lavori futuri, se questo primo libro va bene. E spero vivamente che vada bene, perché son tempi duri questi, ma non mi spavento e non mi preoccupo, perché son due attività dannose che non servono a nulla. 🙂

Mi rendo conto che puntare su un settore che nel nostro paese non va bene, perché nessuno più legge, è rischioso e forse anche un bel po’ folle, ma io devo fare un po’ quello che sento e seguire quel che mi detta il cuore. Vada come vada, per me è stato un vero piacere scrivere questo volume ed è un gran piacere anche scrivere il volume che sto preparando adesso. Comunque sia, il piacere e la soddisfazione che ho provato a scriverlo, non me le toglierà nessuno.

Ho passato davvero del bel tempo su questo lavoro, nonostante il periodo non proprio facile, e sono comunque grata già da ora per come sono andati questi mesi di ricerca e auto formazione per fare qualcosa di nuovo e possibilmente utile per me stessa e per il prossimo. Sono felice di potervelo proporre. A tutti coloro che avranno la curiosità di vedere “che cosa ho combinato”, auguro una buona lettura.

VI PRESENTO IL MIO NUOVO BLOG

Si chiama STORIE SELVATICHE https://storieselvatiche.com/ . È un nuovo sito al quale sto lavorando (non è ancora del tutto operativo, ma ci manca poco). A breve migrerò lì definitivamente, perché tenere aperti tutti questi blog è bello, in quanto mi permette di spaziare ed esprimermi su fronti diversi, come ho sempre fatto da molti anni a questa parte, ma è anche molto dispendioso in termini di energie; mio malgrado, un po’ alla volta porterò sia “Stileminimo”, che “Deorgreine” ed il blog “Il mio tributo alla Bellezza” in questo altro mio nuovo “rifugio”. Così avrò un unico punto di riferimento e chiuderò il mio esperimento di diversificazione in rete, iniziato oramai più di dieci anni fa.

Conto di portare avanti i vari progetti che avevo iniziato con i vari blog, non ultimi quelli sulle fiabe, sulla simbologia e su altri fronti che mi interessano moltissimo. Ritengo che sia un buon periodo per portare la mente su argomenti che ci appassionano, questo; quello che propone il mondo là fuori non è molto rassicurante ed io ho bisogno di impegnarmi su questioni sane e costruttive (almeno devo provarci) e con i quali la sensazione di impotenza di fronte all’ineluttabile non prenda il sopravvento, non so se sapete capire. Continuano le mie terapie letterarie, insomma, ma le voglio addensare in un unico contenitore. 😀

Mi sa che sto invecchiando, gente, e non riesco più a tenere botta!! 😀 😀 Necessito di un ridimensionamento e di focalizzare le energie su un unico punto. Ovviamente Storie Selvatiche, per tutti coloro che avranno la voglia e la gentilezza di venirmi a fare visita, ha come filone principale la mia vita reale, il mio quotidiano qui fra le montagne ed i boschi, ma anche la mia passione per la scrittura in generale… per le arti tutte e un po’ come ho sempre fatto, ecco. Sarò quindi ben felice se mi darete un parere e magari dei suggerimenti per migliorarlo. Io sono sempre io (purtroppo dirà qualcuno), non cambia nulla, tranne il posto dove potete trovarmi! 😀

Per chi vorrà seguirmi, lo aspetto lì. Un saluto a tutti.

Le fiabe che insegnano a non avere paura

Uno dei post che vengono più letti in questo blog è l’analisi della fiaba annoverata fra le raccolte di Italo Calvino: “Giovannin senza paura”; postato in tempi non sospetti nell’ambito di un progetto che poi ho lasciato in sospeso, come ho lasciato in sospeso tanti altri più per mancanza di energie, che per mancanza di tempo; l’ho scritto oramai qualche anno fa, neanche avessi avuto le premonizioni profetiche forse sulla scia di quel subconscio collettivo di cui parla Jung.

A dimostrazione che le fiabe, e in particolare quelle raccolte da Italo Calvino, hanno un substrato archetipale che non si smentisce. Per chi avesse la pazienza di leggerlo lo trova qui:

https://elenagozzer.wordpress.com/letteratura/italo-calvino-fiabe-italiane/giovannin-senza-paura/

IN questi ultimi anni, se n’è parlato un sacco di questo argomento, se non altro perché non sono stati anni propriamente allegri e facili per nessuno. Eppure c’è stato chi li ha saputi vivere in modo relativamente sereno, nonostante tutto. Ci sono stati molti Giovannin senza paura che hanno saputo giostrarsela al meglio, nonostante tutto e hanno affrontato le varie situazioni molto meglio rispetto alla maggior parte della popolazione.

Non è un argomento facile, perché ci siamo ancora dentro ed i vari allarmismi vengono rinnovati costantemente senza lasciare tregua, tanto che non si capisce bene se si deve temere l’allarme oramai passato, quello più in voga nel presente, o quello che sta per arrivare; a dimostrazione che i media ufficiali stanno facendo un ottimo lavoro. Mi sono chiesta perché c’è stata gente che non si è fatta travolgere da questi timori, per non dire “terrori” diffusi. Mi sono chiesta chi sono quelli che sono riusciti a focalizzarsi sulla realtà senza per questo farsi travolgere dall’illusione terrificante che veniva (e viene) sparsa da ogni canale ufficiale e meno ufficiale.

Mi sono data la seguente risposta: c’è chi da oramai molto tempo, segue poco i media ufficiali e predilige informarsi attingendo da fonti alternative che oggi sono alla portata di tutti grazie al web; questo ha permesso a molti di rendersi conto per tempo che molte notizie erano da prendere con le pinze e avevano risvolti dubbi, per non dire del tutto fuorvianti. Avendo un termine di paragone fra ciò che veniva ampiamente diffuso e ciò che leggevano sul web, molti hanno coltivato un sano DUBBIO.

Una serie di considerazioni a catena potevano quindi fare molto semplicemente rendere conto le persone che non c’era da aver paura, che la situazione poteva essere affrontata e risolta, PERCHE’ AVEVANO GLI ELEMENTI, LE INFORMAZIONI UTILI PER ARRIVARE A QUESTE CONCLUSIONI. In questo caso la paura è stata prontamente sostituita dal ragionamento ed il condizionamento mediatico è stato messo sotto controllo. Rimaneva però il condizionamento sociale… e quello rimane tutt’ora. E di quest’ultimo non ci si libera in modo razionale; occorre una valutazione a parte per questo aspetto.

Ma rimanendo sul condizionamento mediatico, il punto è che queste fonti alternative sono alla portata di tutti, lo sono sempre state, e allora mi sono chiesta perché la maggior parte delle persone non ne fa uso, non attinge a informazioni alternative che consentono di leggere la realtà avendone un quadro più completo, perché corredato da informazioni aggiuntive che vanno a riempire quei vuoti lasciati (più o meno volutamente) aperti dall’informazione ufficiale? Mi sono chiesta, perché pur potendolo fare, la gente non si informa? Perché preferisce farsi travolgere da notizie catastrofiste e di conseguenza dalla fobia di essere di fronte a un problema che non ha nessuna soluzione se non quella estrema, di solito proposta con forza da chi ha sparso il terrore? Ecco, mi sono chiesta questo, perché non è difficile informarsi, trovare soluzioni alternative e validissime e non richiede nemmeno tantissima fatica.

Subire la paura, richiede molte più energie! Farsi accomunare e fagocitare dalla propria paura e dalla paura collettiva, a una visione distorta del reale risucchia molte più energie, perché è fonte di ansia, di agitazione, di emozioni negative; e allora perché non tendere a una soluzione più semplice e meno dispendiosa di energie? Mi sono detta che ad un certo punto, non si tratta di pigrizia, anche se ci potrebbe stare! Ma non basta per spiegare quello che sta succedendo! Penso si possa anche parlare di un effetto secondario che è l’incapacità di connettere; uno degli effetti della paura è quella di spegnere il ragionamento razionale e mettere in campo il meccanismo di “attacco – fuga”, ovvero i due meccanismi più irrazionali, atavici, quelli che la nostra parte animale innesca ogni volta che siamo messi di fronte a un pericolo reale, come un grosso cane randagio che ci salta addosso e vuole fare di noi il pranzetto del giorno, per dirne una. Il punto è che a monte, va distinto bene se il pericolo E’ REALE O MENO!

E’ questo che è venuto a mancare e che continua a mancare. E per capire se il pericolo è reale o meno, occorre per forza di cose saper spegnere prima la paura, ma se questa è già stata innescata, è troppo tardi, perché il terrore è già stato diffuso ad arte; la conferma del fatto che il pericolo è reale viene dato dagli altri, da tutti gli altri che temono lo stesso pericolo. E’ la dinamica che si viene a creare nel gregge quando durante un temporale notturno, una delle pecore si spaventa a causa del tuono e dei lampi e si mette a correre; tutte le altre pecore la seguono, non sapendo bene il perché, magari, ma in via preventiva la seguono. Se poi in televisione continuano a dire che è bene mettersi a correre, si corre e punto. E guai a chi dice che correndo di notte sotto un temporale è facile finire in un burrone!! Quello è un pazzo, perché se tutti corrono è bene correre, se la televisione di ce che si deve correre, è bene correre e chi non lo fa è un pazzo, perché si espone al pericolo.

Al mattino presto è facile che le pecore siano tutte morte, perché sono finite nel burrone. L’unica pecora che HA PENSATO di non correre perché si poteva finire in un burrone, è sopravvissuta. E’ la pecora che ha saputo valutare se il pericolo dei tuoni e dei lampi era reale o meno e se non vi fossero forse altri pericoli più contingenti in agguato. E’ questa la storia. Chi raccontava le fiabe un tempo queste cose le conosceva bene, purtroppo adesso le fiabe sono state sostituite dai televisori e quelli raccontano altre storie, che a differenza delle storie di una volta, non hanno più niente da insegnare, se non come si fa a buttarsi in un burrone.

Il gufo reale è il mio animale totem

Il gufo reale è uno dei miei animali totem, penso. Non so bene cosa significhi, ma so che fa tendenza e allora dico anch’io questa cosa di tendenza, che ho un animale totem e che è il gufo reale. Spero di non offendere nessuno. Ma anche se non fosse il mio animale totem, io ho grande rispetto per il gufo reale. Ho grande rispetto per tutte le forme di vita, in realtà. A volte il rispetto cala un po’ per alcuni esponenti della mia specie, ma cerco di non farci caso.

Qui il gufo reale è immerso nell’assenzio, che è la mia pianta totem (vedi sopra), penso. E’ un’illustrazione che ho fatto per un libro che intendo pubblicare a breve, penso; l’idea è quella. L’illustrazione è una tecnica mista su carta 35 cm x 28 cm e ho usato pastelli e gouache. Gli ho fatto una foto col telefonino ed i colori non sono resi granché. E’ un esperimento.

Mi piacciono gli esperimenti. Spero di migliorare, un po’ in tutto. Non mi vergogno di far vedere ste cose. E’ una sfida, per migliorare. E’ un libro sulle piante officinali e le erbe aromatiche, più o meno. Ci sono diverse illustrazioni su questo libro… e dei racconti, un po’ surreali, un po’ no. I racconti parlano di queste piante che, vi giuro, mi hanno salvato la vita.

Sono 40 piante descritte nel dettaglio; è un manuale pratico, con delle schede e con descritti tutti gli utilizzi che si possono fare; si parte dalla raccolta, fino ad arrivare alla conservazione e poi come si possono consumare; li ho descritti in modo semplice, penso, in base a come le utilizzo io. C’è anche una parte sulla magia che a me è piaciuto tanto fare (più e meno popolare).

Adesso spero che il mio gufo reale vi piaccia. Ritengo che nessun editore mi pubblicherebbe questo libro, perché mi somiglia troppo e io non penso di essere pubblicabile da gente seria, quindi me lo pubblico da sola che sono poco seria. In realtà non ci ho nemmeno provato a proporlo a un editore. Conosco i miei limiti. Lo fanno in tanti sta cosa dell’auto pubblicazione; mò lo faccio anch’io prima di invecchiare troppo e adesso che ho anche un animale totem, penso di essere nella media.

In realtà ho scritto questo post perché così mi prendo un impegno, oltre che con me stessa, anche con altra gente, che siete voi. Tendo ad essere molto dispersiva nelle cose che faccio… e allora devo trovare dei modi per obbligarmi a una certa disciplina. SE non pubblico non gli frega niente a nessuno, ovviamente, ma io ci faccio comunque una figura di merda, così cercherò di tenere fede all’impegno ed è facile che così lo pubblico davvero e a breve.

Corso pratico per capire perché “quel qualcuno” ti sta tanto sulle palle

Sulla scia del corso pratico per capire come liberarsi dell’ansia di prestazione, propongo quest’altro corso, che poi chi mi legge sa che corso non è. E’ solo un post di considerazioni personali, giusto per far sonnecchiare un po’ chi legge in queste calde giornate d’agosto, e suo malgrado è incappato in questa pagina.

Non so voi, ma a me di gente che mi sta sulle palle, ce n’è un mucchio! Ma proprio ne vedo ovunque e molto spesso, c’è niente da fare. Ultimamente poi, mi infastidiscono un sacco certi elementi che mi scardinano proprio il ciclo circadiano, facendomi venire voglia di tornarmene a casa prima del previsto e mettermi a dormire per non pensarci, per non doverci avere niente a che fare!! A proposito, se avete reazioni di questo tipo, fate attenzione, che sono sintomi di una subdola, ma tenace depressione latente.

Farò una serie di esempi, che ovviamente non mi riguardano, ma che possono riguardare molti… li uso solo come meri punti di riferimento esplicativi, giusto per inquadrare il problema, sia chiaro. C’è ad esempio quello che si erge a saccente e prolisso commentatore di tutto e di tutti e sputa colte sentenze a destra e a manca, come se la Verità fosse solo ed esclusivamente di suo personale dominio e tutti gli altri non ci capiscono un benemerito caxxo di niente in merito a nessun argomento!

Poi c’è la svenevole; quella che si lascia andare a vittimistiche considerazioni rendendo note tutte le sue innumerevoli e complicate traversie sentimentali, tanto da elencare ogni singola delusione, amorosa o di qualsiasi altra natura, in modo da sottolineare con reiterata petulanza le mancanze di ogni singolo essere umano che ha avuto la sfortuna di incontrare sul suo immacolato cammino. Di solito non manca di elencare anche le innumerevoli terapie farmacologiche alle quali si è dovuta sottoporre per sopportare le atroci vessazioni alle quali la vita l’ha sottoposta. Dal vittimismo all’ipocondria, il passo è breve.

Poi c’è l’invidioso, il competitivo per partito preso; quello che qualsiasi cosa dici e qualsiasi cosa scrivi, lui non mancherà mai di farti notare che l’idea è sua, è partita da lui e che se non fosse stato per lui, nessuna tua affermazione, idea o commento avrebbe mai visto la luce, perché lui è la luce, il faro che porta avanti le menti di tutti gli altri che, per inciso, a confronto sono dei piccoli esseri di poco conto.

Poi ci sono i soliti troll, quelli che hanno il compito di hackerarti il lavoro e che lo fanno per professione; quelli che se hai un sito professionale quasi quasi ti starebbero simpatici, perché con lo scopo di intasarti i commenti con amenità più o meno volgari, in realtà ti aumentano le visualizzazioni e va anche bene. Ma tu non hai ancora un sito professionale, quindi ti limiti a farteli stare lievemente sulle palle.

Poi ci sono i prepotenti, gli impulsivi patologici, quelli che non si sanno tenere e sferrano insulti pesanti, e se gli capita l’occasione, anche cazzotti veri e propri a destra e a manca, pur di sentirsi qualcuno, pur di avere attenzione, pur di cercare di darsi un senso; sono i mediocri, i leoni da tastiera, insomma. I poveretti vigliacchi del web, se si tratta di interferenze in rete, e di narcisisti violenti reali, se si tratta di vita non virtuale.

Ecco, potrei continuare ad oltranza, all’infinito, perché i prototipi di chi ti può stare sulle palle sono infiniti. Sono potenzialmente tanti quanti son gli esseri umani su questo pianeta. Sono quelli che nei film sono identificati immediatamente dalla massa come “personaggio negativo”. Che ne so; il Joker se si parla di Batman, il Sistema se si parla del film Joker, Boss Hogh se si parla di Bo e Duke (questo solo per nostalgici intenditori), Boss Artiglio per l’Ispettore Gadget e mi pare che con questo ho fatto gli esempi di maggior rilievo.

Bene, adesso che vi ho detto queste cose, giusto per farvi capire di che si parla, vi dico anche perché questi prototipi, questi Personaggi (perché è di personalità che qui si parla) o “antagonisti” che in certa misura possiamo incontrare anche nella vita reale, ci danno più o meno fastidio; e badate bene che ho preso in considerazione aspetti leggeri della personalità; non sono andata a toccare caratteristiche tipiche legate a personalità patologiche pesanti come i veri delinquenti, i veri violenti e via dicendo, perché sarebbe un discorso da affrontare con le dovute cautele, quello, e che andrebbe ben oltre alle mie misere competenze di ricercatrice a tempo perso.

Per approfondire queste tematiche vi consiglio di leggervi, o vedervi un Anime come Death Note (un giorno magari ci farò un post su questa serie, perché trovo che sia illuminante per molti versi e se interessano queste dinamiche).

Insomma, che cosa ci succede quando incontriamo qualcuno che “A PELLE” ci sta profondamente SULLE PALLE?! Io ho scoperto sta cosa leggendo Death Note, appunto; ci succede quanto segue: capita che ci rispecchiamo nel nostro opposto, ovvero in una parte di noi che va elaborata, ma che preferiamo rifiutare a priori!

Solitamente la cosa che più ci infastidisce di quel qualcuno, non è la persona in sé, ma il fatto che in quella persona noi vediamo UNA PARTE DI NOI che non ci piace e questo fatto non siamo disposti ad affrontarlo. Quindi, niente; a chi ci sta sulle palle a pelle (che non ha nulla a che vedere con Apelle figlia di Apollo), noi tendiamo a scartarlo a priori, a non volerci avere niente a che fare. Punto. L’alternativa sarebbe quella di riconoscerci in quella particolare caratteristica che ci infastidisce tanto, guardarla bene in faccia ed elaborarla secondo la nostra personale visione del mondo, in base alla nostra esperienza di vita, in poche parole, in base alla nostra personalità. Eppure è sgradevole e faticoso.

Perché? Ma perché rispecchiarsi in quelle parti di noi che ci infastidiscono, non è gradevole, ecco. E questo spiega perché a volte si incontrano persone decisamente sgradevoli per i più, ma che a noi non ci fanno né caldo, né freddo, ovvero ci son del tutto indifferenti. Perché accade questo? Ma perché niente in loro smuove una parte di noi che non abbiamo ancora elaborato; semplice. Quindi quelle persone ci sono del tutto indifferenti, mare piatto, niente, nisba; e magari a vostro marito o alla vostra amica, quella stessa persona fa accapponare la pelle!!

Insomma, noi siamo degli specchi vaganti e chiunque può rispecchiarsi in noi e a nostra volta, noi possiamo rispecchiarci in chiunque. Le interazioni umane fanno crescere quando riusciamo a confrontarci con ciò che più ci rende instabili, con ciò che ci infastidisce nell’altro, con ciò che non vogliamo vedere, insomma. Accade quando incontriamo la nostra Ombra, il nostro opposto, la parte di noi che non conosciamo perché è scomodo vederla, guardarla in faccia.

Esistono persone che ci obbligano nostro malgrado a confrontarci con loro e di conseguenza a confrontarci con noi stessi; se riusciamo a renderle “neutrali” agli occhi del nostro io, abbiamo vinto. Non ci toccheranno più, non ci infastidiranno più. E se questo accade, significa che abbiamo elaborato in noi, quella parte fastidiosa di noi stessi e che quelle persone incarnavano concretamente. Per renderle neutrali intendo dire che nonostante la loro presenza, a noi non si smuove più alcun fastidio.

Questo non significa, sia ben chiaro, che a noi non piace Boss Hog perché noi siamo come lui, ma solo che in lui ci sono degli aspetti che ci risultano sgradevoli. Ma per renderci conto che sono sgradevoli, dobbiamo necessariamente riconoscerli in noi stessi, altrimenti non ci toccherebbero. Una cosa è certa; potenzialmente potremmo fare in modo che nessuno ci stia più sulle palle per il resto dei nostri giorni; la prospettiva esiste ed è reale, ma per arrivarci, dobbiamo ambire alla buddità e non credo che questo sia l’obiettivo di molti.

E questo vale ovviamente anche nel senso inverso; a noi piacciono e ci innamoriamo delle persone che entrano in perfetta risonanza con il nostro essere, con la nostra parte più profonda. A volte non ci spieghiamo perché una persona ci piace tanto, non riusciamo a capirlo razionalmente, ma accade. Esattamente come accade che una persona ci stia irrimediabilmente sulle palle. E se accade, per capirne il vero motivo, occorre andare a sondare sempre la nostra parte in Ombra. O in alternativa, godersi l’innamoramento finché dura e quando finisce, pazienza. Perché il più delle volte, poi finisce. E se vi chiedete il perché, ne possiamo parlare, ma questa è un’altra storia e argomento di un altro corso pratico… e sono sicura che son comunque domande che vi siete già fatti. Forse.

Mi direte: ma che cosa c’azzecca sto articolo con quello sull’ansia da prestazione? Beh, se ci si pensa, sempre di giudizio si tratta, no? In questo caso sempre di giudizio nei confronti di se stessi prima (inconscio), che si riflette inevitabilmente sul giudizio che ci diamo in riferimento agli altri. E’ tutto un coacervo di dare e avere, di essere e non essere, di chi si si rispecchia in chi, no?

Corso pratico per liberarsi dall’ansia di prestazione

Il senso di inadeguatezza me lo ricordo vagamente; sì, perché me ne sono liberata, finalmente!! Non da molto, eh… e ci ho messo del tempo, ma mi faceva talmente schifo che l’ho voluto seppellire non appena mi sono resa conto che non ce l’avevo più sul groppone, ma oggi lo voglio riesumare qui per voi!!! 😀 😀 E’ necessario, sapete? Perché per togliersi di dosso un parassita, è bene dargli un contorno ben definito prima di salutarlo, perché se poi ti si ripresenta sulla strada, lo riconosci e lo eviti, come l’AIDS, o come il COVID, che adesso va di moda quello… e comincia anche ad avere gli stessi sintomi dell’AIDS.

ll senso di inadeguatezza è come una di quelle zavorre che ti risucchiano un bel po’ di energia; è come avere un vampiro appollaiato sulle spalle che ogni tanto si fa una bevutina agguantandoti alla giugulare! Non puoi prevedere quando avrà sete e ti si attaccherà come una sanguisuga risucchiandoti tutte le energie vitali; sai solo che prima o poi ricapiterà e intanto arranchi senza capire perché sei sempre così stanca, depressa e scazzata col mondo. Personalmente mi accadde in modo davvero brutale e per la prima volta da adolescente; prima ne avevo avuto il sentore, ma non mi ero mai davvero infettata. Avvenne quando scesi dai monti per frequentare le scuole medie, verso gli 11 anni. Fu così che questa zavorra mi si appiccicò addosso come la carta moschicida e mi si affezionò a tal punto da non lasciarmi più per molti anni; ad un certo punto ho realizzato questa convinzione: “Se hai sfiga, questa è una malattia cronica e te la tieni finché non ti sdraiano nella bara e probabilmente si decomporrà con te, o finirà nell’urna con le tue ceneri!”

Questo post ha preso una piega un po’ troppo cupa, ma visto che il gotico va di moda… mi attengo alle correnti del momento e continuo così, perché questo post parla anche di mode, alla fine, vedrete! Poi si vede che oggi il mio umore è quello, visto che mi è venuta la voglia di parlare di parassiti, vampiri e larve varie, quindi, tanto vale rimanere coerenti.

A suo tempo mi ero chiesta da dove fosse arrivata la mia larva personale e no, non l’ho mica capito subito. L’ho capito dopo… molto dopo, perché altrimenti me ne sarei liberata prima… molto prima.

Ma l’importante è che ho risolto questo invalidante problema e c’ho gli anticorpi (che va di moda parlare di anticorpi)… e adesso vi dico come ci sono riuscita, ma prima una breve premessa: la regola è che se hai un problema, prima di risolverlo del tutto, devi capire come, e soprattutto da dove è nato; io adotto questa regola da un bel po’ di tempo! Tuttavia, per le criticità emotive, a meno che tu non sia Carl Gustav Jung, (e io vi comunico per correttezza che non lo sono) non è così semplice capire da dove arrivano i parassiti che ti porti addosso.

Ci vuole pazienza, un lungo lavoro di introspezione e tante menate mentali, annesse ad altrettante seghe mentali (che per inciso non sono esattamente la stessa cosa, ma per spiegare questo ci vuole un altro post) che si reiterano nel tempo e che di solito fanno nascere ulteriori problemi che non sai da dove nascono.

L’auto analisi di un problema se rimani sul piano cervellotico, inevitabilmente ti fa nascere altri problemi; anche questo l’ho capito nel tempo. Ho capito che allora occorre passare ad un altro piano e lasciare perdere il piano esclusivamente mentale, ma anche in questo caso ci vorrebbe un altro post per spiegare bene di che cosa sto parlando. La tiro un po’ lunga per creare suspense, come insegnano i migliori registi di thriller quando ti dicono che devi creare le aspettative di un qualche cosa di inquietante che sta per accadere, ma senza farlo mai accadere esplicitamente, se non verso la fine.

Come lettore puoi avere due reazioni: ti annoi a morte e passi ad altro dopo il primo paragrafo (nel mio caso, non avendo affinato la tecnica, probabilmente quasi tutti i lettori hanno già mollato per a fare altro, quindi chi è arrivato fin qui, fa parte della seconda categoria), oppure ti annoi, ma hai molta pazienza e leggi per educazione fino alla fine, perché sei fondamentalmente compassionevole e forse sotto, sotto vuoi anche davvero capire come ho fatto io a liberarmi del senso di inadeguatezza, che è poi quel parassita strettamente legato all’ansia di prestazione. E sia chiaro, quando parlo di “ansia da prestazione”, mi riferisco a tutti gli ambiti in cui questa può fare capolino nella nostra travagliata esistenza, compreso “quel ambito lì”!

Bene, la suspense è durata abbastanza, ritengo; vi dico come ho fatto io: per liberarsi dal senso di inadeguatezza e dall’ansia da prestazione c’è una sola cosa da fare: …rullo di tamburi, fiato alle trombe! L’unica cosa da fare nel caso specifico, detta in parole poco eleganti e molto spicciole è: sbattersene il cxxxo!! Ecco, l’ho detto.

Ma dopo aver creato tutte queste aspettative, mica posso cavarmela così a buon mercato, perché sono una persona coscienziosa e so che se mi prendo delle responsabilità, devo portarle fino in fondo; insomma, per dirla con senso compiuto, so per certo che molti di quei pochi volenterosi che sono arrivati fin qui, avranno pensato che è facile a dirsi, ma non è per nulla facile a farsi.

Dire che basta fregarsene di un problema, non equivale a risolvere quel problema; diciamo che sbattersene il cxxxo (metto le “x” per rispetto dei lettori più sensibili, perché di solito in questo posto mi astengo dall’usare parole “poco consone”, ma che nel caso specifico sono necessarie per capire bene il problema) è l’obiettivo da raggiungere con il metodo che ho elaborato personalmente, e di cui adesso voglio rendere partecipe chiunque sia arrivato fino a questo punto. Perché un premio a tanta tenacia e pazienza è dovuto, mi rendo conto!!!

Per arrivare all’obiettivo di cui sopra, l’unica cosa da fare è SMETTERE DI DARE GIUDIZI!!! Proprio così, gente!! Ho scoperto che se vuoi smettere di sentirti inadeguata, occorre imparare a “levarti il giudizio di torno”, sempre per usare un’espressione elegante e sempre consona ai lettori più sensibili.

Funziona così: il giudizio è un’abitudine; siamo sempre lì che diciamo che questo è bello e questo è brutto, che questo va bene, ma questo non va bene, che quella è una persona simpatica, e questo no, non è una persona simpatica… insomma, si va avanti così all’infinito nella vita! Like, like, like, like… dislike, dislike, dislike… tutto è fondato sul giudizio ok! Non ok! E tutto è costruito perché noi tutti possiamo sfogare questa nostra comune propensione a dover sempre e necessariamente dire in merito a tutti e qualsiasi cosa: o è bianco, o è nero, mi piace, non mi piace! E non si finisce mai di esercitare il giudizio a raffica, in ogni pensiero che facciamo, in ogni interazione che abbiamo col prossimo e con qualsiasi cosa, animata o inanimata, astratta o concreta! Esercitiamo questa abitudine su tutto!!!

Bene, comunico ufficialmente che sto fatto, a mio personale modo di vedere le cose, è patologico e non ultimo, debilitante! A forza di giudicare gli altri, inevitabilmente continuiamo a spostare il giudizio anche su noi stessi, sulla nostra persona e… tadaaaaah!!! Ecco come nasce il senso di inadeguatezza nonché le varie ansie da prestazione!! Ecco perché qualcuno ha seri problemi relazionali, fra le altre cose!!

Ora, se l’obiettivo è liberarsi tutti dall’ansia di prestazione e dal senso di inadeguatezza, OCCORRE COMINCIARE AD OSSERVARCI e quando stiamo per esprimere un giudizio, fermarsi un attimo!!! Non serve arrivare necessariamente ad esternalizzare tale giudizio, perché gli effetti nefasti del giudizio colpiscono anche solo quando lo esprimiamo con il nostro pensiero! Lo so; sembra complicato, ma credetemi: lo è molto più di quanto sembri!! 😀 Tuttavia vale la pena provare!

Se non giudichi, smetti di avere paura del giudizio; è una reazione di riflesso. Automatica; provare per credere! Se non hai paura del giudizio, smetti di avere ansie da prestazione. Perché l’ansia è una conseguenza di una paura, questo è placido e ovvio. E qui si tratta della paura di essere giudicati. Togliti l’abitudine di giudicare e non avrai più queste paure inutili e dannose. Accade da se; meno giudichi e meno hai paura di essere giudicata/o. Si può fare!!! Lo disse anche Frankenstein!

Ora lo so cosa state pensando; state pensando che è lecito avere un’idea su cosa è bello e cosa è brutto, su cosa piace e cosa non piace… lo so. Io pure ho fatto questo ragionamento a suo tempo. Ed è vero: è lecito avere un’opinione, ma quando questa opinione smette di essere tale e diventa una malsana abitudine che sfocia in un tiro al bersaglio verso tutto ciò che è contrario alle nostre convinzioni, allora la cosa diventa problematica, direi patologica; e questo non è tutto! Una patologia è ancora più infida quando è silente! Nel senso che noi non ce ne rendiamo conto.

Aggiungo che spesso le nostre convinzioni quelle che ci portano a giudicare in positivo o in negativo, non sono davvero “nostre”; molto più spesso di quanto vogliamo ammettere, sono frutto di condizionamenti esterni, solo che noi di questo non ce ne accorgiamo. E allora accade che riteniamo giuste e belle delle cose che altri ci hanno detto che sono giuste e belle, ma che noi, in realtà non sappiamo bene se pensiamo che siano davvero giuste e belle, perché la nostra opinione è condizionata ed il più delle volte, per nulla ponderata. Siamo più condizionabili di quello che pensiamo. Ed un esempio lampante di quello che sto dicendo è la moda!! Lo so; è un esempio banale, ma serve a qualcuno per capire.

Ammettetelo: se qualche anno fa vi avessero detto che avreste indossato certi vestiti che mettete oggi, la maggior parte di voi avrebbe negato con tutte le sue forze! Ma siccome oggi tutti mettono quei vestiti e siccome tutti dicono che sono belli, allora anche voi li indossate e dite che sono belli. Accade così con moltissime cose. E così avviene che si mettono vestiti che fino a un anno prima avreste detto che sono quantomeno “improbabili”. Questo avviene a causa dell’abitudine al giudizio, condizionato o meno che sia. La stessa cosa è accaduta per i tatuaggi; i più attempati come la sottoscritta, ricorderanno che fino a qualche anno fa, chi era tatuato era “giudicato come un avanzo di galera”(questo perché i tatuaggi venivano fatti solo in carcere fra i reclusi), mentre oggi i tatuaggi sono considerati Arte e moltissime persone, di qualsiasi età sono tatuati! Anzi, se non lo sei, sei “giudicato un po’ strano”, se non proprio “sfigato”, termine che in nome del “dio giudizio” va per la maggiore.

Bene; in sintesi, se qualcuno si vuole liberare dall’ansia di prestazione, dunque, si tolga la malsana abitudine di giudicare, di mettere like (questo post è esonerato da questa regola, sia chiaro! Sono una persona interessata e incoerente, io) e dislike, sia che siano dati liberamente, o meno liberamente, questo importa poco!

Vedrete che poi tutto funzionerà alla grande ed avrete vite molto, molto più serene e felici. Per fare questo, come primo compito a casa pratico, occorre eleminare il proprio account facebook… e se non ce la fate, almeno occorre provare a non passarci dalle sei alle otto ore al giorno. L’obiettivo è ridurre il tempo che ci passate fino al massimo un’ora nel giro di un anno, via!! Come dite? Se sapevate che occorre fare ste cose non avreste perso tempo a leggere fino a questo punto?!!!! Mi spiace, ma la vita è un viaggio in salita e per arrivare sulla vetta e avere ottime prestazioni occorre faticare. 😀 😀

Navigare a vista fra conifere e faggi, seguendo rotte invisibili da una piattaforma all’altra

Avevo un blog una volta; era il mio primo blog. Lo avevo chiamato “Vedere l’invisibile” e io mi ero messa questo nick name che avevo un po’ distorto e avevo preso dalla storia della Grecia antica; mi chiamavo “Samothes”. Poi ne ho aperto un altro che si chiamava “Simbolo e Allegoria” e io mi ero rinominata “Caos e Cosmo”. Sto fatto che ci si poteva chiamare un po’ come cazzo ti pare, mi piaceva un sacco e mi piace ancora! Libero sfogo alla fantasia. Ero ovviamente completamente fuori di testa, allora; compiaciuta e serena di esserlo, tra l’altro, esattamente come adesso. Compiaciuta perché nel tempo ho capito che essere “fuori di testa” è un giudizio esterno, che ti danno gli altri ed è esattamente quello che ti serve per salvarti la vita e la salute. Anche mentale.

Mi interessavano i simboli e il mondo medievale, soprattutto la parte esoterica legata all’alchimia che però all’epoca ancora non sapevo bene cosa fosse. Mi piaceva la botanica, la Storia naturale, e leggevo i testi di Frazer e dei vari antropologi come Claud Levi Strauss. Mi piaceva il mondo magico popolare e leggevo De Martino, approdai alla psicologia di Jung, ancor prima di Freud. Tutto, mi piaceva un sacco tutto, compresa la storia dell’arte e della fotografia, che poi studiai per mero diletto e senza l’obiettivo di laurearmi a un corso universitario; nel tempo le ho approfondite e ci sono ancora aggrappata a tutte quante queste passioni.

Per me è un innamoramento perpetuo, di quelli che ho sempre tenuto nascosti, per proteggerli dalla mediocrità e dall’ignoranza che mi circondava; non lo dico con spocchia, ma è stato proprio così. Preservare un amore, una passione pura, dagli assalti del nulla richiede dedizione ed estrema attenzione nell’evitare che venga intaccata e sporcata; è molto faticoso, ma ne vale la pena. Ora è diverso, perché mi sento forte abbastanza per difendere il mio amore alla luce del sole; è scattato qualcosa, alla fine. Forse il vero coraggio, non saprei. Adesso non ho problemi ad ostentarlo! Forse perché è diventato la mia vera forza!

Non lo so dove trovassi tutte quelle energie, all’epoca. Ero un po’ fuori dalla massa, forse, con i mie interessi letterari, filosofici, spirituali, storici, artistici e via dicendo, mi rendo conto. Per me il mondo era ed è uno scrigno da aprire in continuazione ed ogni volta ci trovo e ci trovavo qualcosa di meraviglioso. Per questo bloggavo, per questo scrivo. Non era previsto poterne parlare. Dovevo e devo svalvolare tutta sta roba in qualche modo; è un mucchio di materiale da metabolizzare.

Allora per me era come adesso, ma forse oggi sono un po’ più libera, perché ora mi frega molto meno di cosa pensano gli altri, di come pensano che sono io e di quali sono le cose che mi interessano. E’ successo questo da quando mi sono licenziata, da quando ho smesso di giudicarmi, di considerarmi inadeguata in base al giudizio altrui. Mi sono tolta la zavorra del contesto dalle spalle e ho cominciato a smettere di recitare un ruolo che non mi appartiene. Adesso posso essere quello che sono sempre stata, e fanculo ai benpensanti, ai burattini e ai despoti dittatori!! E così ho smesso di temere il giudizio; è stato semplice; bastava andarmene.

Il problema è sempre stato quello di trovare qualcuno con il quale condividere queste passioni; non lo trovai mai veramente e così le coltivai per forza di cose in perfetta solitudine. Nei boschi, in prevalenza; è il luogo perfetto per elucubrare in solitudine e navigare a vista fra le conifere ed i faggi. Col senno di poi ho capito che è così che andava fatto. Ci sono cose che dobbiamo necessariamente portare avanti da soli, senza interferenze, senza condizionamenti esterni. Io ho fatto così perché andava fatto così. E ho imparato a stare da sola, ad amare la solitudine e ad amare il mondo con maggiore attenzione, fin nei minimi dettagli. Anche questa è stata una benedizione e ne sono grata.

Il primo blog lo avevo aperto nel 2010 su Splinder. Non so se qualcuno si ricorda di Splinder; era una piattaforma italiana dove tutti ci siamo ritrovati in anni non sospetti a dire quello che eravamo, ognuno a modo suo. Era improntata sulla socialità e funzionava benissimo. Era un posto magnifico, strabordante di veri creativi, di reali artisti talentuosi e ci si stava benissimo. Infatti lo chiusero nel 2012 e ci spedirono tutti come esuli in vari porti del web.

Molti approdarono qui, su wordpress (io ci arrivai con Stileminimo, ovviamente, poi aprii “Il mio tributo alla Bellezza”, l’altro blog, dove per la prima volta ci misi il mio vero nome e cognome), altri su Io Bloggo (dove approdai anch’io in parallelo con Simbolo e Allegoria), altri ancora su Blog spot (dove arrivai con il mio nome Samothes e poi mi persi… era un po’ troppo…) e via dicendo. Chiudendo Splinder divisero e smembrarono quella che io percepivo come una grande officina affiatata di creativi. In un mondo come questo, una realtà come Splinder non poteva durare; era troppo pericolosa e adesso lo capisco.

Come moto di ribellione alla chiusura della piattaforma, io per non perdere i contatti con la mia famiglia di blogger, mi aprii un blog su tutte queste piattaforme alternative e continuai a scrivere. Per me non era difficile; sono una grafomane. A me interessava non perderli e molti contatti li ho preservati nel tempo, per fortuna. A fasi alterne, quando la vita me lo permette, torno a trovarli, come si fa con i vecchi amici. Splinder lo trovai grazie a un amico, che si chiama Massimo e che trovai sul web.

Lo conobbi personalmente e girammo tutti i musei della sua città; lui correndo, io passeggiando. Lui postava fotografie, immagini bellissime, che spacciava per sue, ma che non ho mai capito se fossero veramente sue o se le prendesse da qualche parte nel web per fare colpo sulle donne; all’epoca non ci si poneva tante domande, ma quelle foto erano davvero eccezionali! Io cercavo immagini come spunto per i miei dipinti e incappai in Massimo che aveva un blog di sole immagini che non mi ricordo come si chiamasse, e quindi conobbi Splinder.

E mi innamorai di chi scrive sul web, di tutti, per il semplice fatto che scrivevano, non per altro; mi riconobbi in loro, mi consolai per il fatto che non ero l’unica malata grafomane. Cominciai a sentirmi più “normale” e capita. Approdare a una piattaforma di blogger all’epoca era un po’ come tornare a casa e ritrovare gli amici dopo tanto tempo di esilio. Non tanto per la qualità della scrittura, (a volte anche per quella, perché ci bazzicavano dei veri e propri geni) ma per il fatto che era, ed è tutta gente che ha qualcosa da dire e che a modo suo, la dice! E cosa grandiosa, per me che avevo sempre dovuto un po’ nascondermi e nascondere le mie “strane” passioni, usavano lo stesso mezzo che uso e usavo io. Mi sentivo fra amici, finalmente.

Una liberazione!!! Anche leggerli era un vero piacere; ce n’erano tanti e fra questi ricordo Poetella, che all’epoca lo ammetto, mi metteva un po’ di soggezione. Glaurito con i suoi post fra il demenziale e lo scanzonato. La poesia, poi, visto che a scuola non me l’hanno mai insegnata, io l’ho incontrata sui blog dei poeti, prima che nei libri di poesia. Sono grata a Poetella e a quelli come lei. Ho comprato un mucchio di libri di poesie da quando conobbi Poetella, Massimo Botturi e Luigi Maria Corsanico. Eterna gratitudine. Eterna!!!

C’era poi Avvocanzo, uno squinternato meraviglioso che non si capiva bene se fosse davvero avvocato o no, ma che scriveva dei pezzi sublimi pieni di ironia e comicità. Mi ricordo di Zoe, che poi ho perso per strada e che traspirava sensualità e dolcezza nelle sue poesie. Mi ricordo di un blog che parlava di Scienze Naturali, dove ogni volta ci trovavo la descrizione e l’analisi scientifica di una specie vivente diversa, anche di quelle decisamente poco conosciute.

E poi Guido Mura, con i suoi racconti fantasy e un po’ noir. Aitanblog con la sua ironia un po’ di cultura spagnola e un po’ partenopea e tanti, tanti altri che non me ne vorranno, visto il numero che ora non potrei elencare, ma porto comunque nel mio cuore. Era uno scrigno di conoscenza e di cose bellissime, Splinder. Era il mondo dei primi blogger italiani e molti divennero scrittori anche conosciuti. Ci si navigava a vista fra una meraviglia e l’altra. Poi arrivarono i primi troll, cominciarono a insinuarsi ovunque e a scardinare l’ambiente… pagati, ovviamente e in breve vendettero e chiusero tutto.

Le piattaforme americane non sono nulla a confronto, ma ci adattammo, un po’ tutti. I boschi mi accolsero, le piante mi consolarono e io continuai a scrivere e a disegnare. Il web per me non è mai stata mera tecnologia alienante; è stato lo stimolo per contattare anime e avvicinarle davvero, per crescere, per creare e per non spegnermi nella noia dei social come fb, instagram, tik tok e simili che, per inciso, ho aperto da poco, e solo con la prospettiva di dover lavorare con il web, non certo per passione. Bloggare implica una creatività e uno sforzo che permettono alla mente e allo spirito di stare svegli e vigili; esattamente come si fa quando ci si perde in un bosco e occorre trovare il sentiero giusto per tornare a casa. E’ un’avventura continua. Si naviga a vista, fra conifere e faggi, fra poesie e racconti, ma con la bussola del cuore e dell’intuizione ben tarata e sempre in movimento.

Lo scacciadiavoli e la cacca di maiale!

Il problema vero in tempo di falsi profeti, è riuscire a capire dove stanno i diavoli; poi per scacciarli si possono scegliere i modi più congeniali, che esistono e sono efficaci, perché io ne ho le prove. Ma se non si sa chi sono i diavoli e dove sono, se non si riesce a capire chi sono, è facile che ci mettiamo ad ascoltare le campane più stonate e false e pensiamo magari che hanno un suono limpido, cristallino, bello e pulito; questo succede perché non abbiamo le orecchie allenate alla vera e buona musica delle vere e buone campane.

Se un essere umano non ha mai sentito le vere e buone campane ed è assuefatto alle campane stonate, per lui qualsiasi campana può sembrare abbia un suono accettabile. Occorre cercarle attivamente le campane pulite, per poterle ascoltare; così come occorre cercare la Verità e la Bellezza, per poterle apprezzare e riconoscere. Se ci capita di trovarle, poi tutto ciò che ci capiterà di vivere dopo, lo paragoneremo in continuazione con la vera Verità e la vera Bellezza, che poi sono la stessa cosa; sono la manifestazione di un unico stato d’animo. Se le abbiamo trovate, vuole necessariamente dire che le abbiamo cercate. E c’è qualche cosa che ci può spingere a cercare la Bellezza e la verità; ognuno è spinto dal suo personale motivo. Conosco gente che passeggia per giorni fra le montagne alpine e si ferma ad ascoltare le campane delle chiesette di paese, perché ognuna ha il suo suono e, solitamente, è un bel suono.

Mi chiedo, a volte, ma che cos’è che ci fa riconoscere il falso dal vero, le campane che hanno un bel suono, dalle campane stonate? Che cos’è che ci fa dire che una cosa è bella e un’altra cosa invece è brutta? E ancora: esistono cose sia belle che brutte? Mi chiedo a volte: ma se noi esseri umani non abbiamo un buon termine di paragone, anche una cacca di maiale ci può sembrare una cosa bella e profumata; una cacca di maiale sappiamo che non è bella e non è profumata, perché ci sono altre cose molto belle e molto profumate che ci fanno dire che no, la cacca di maiale puzza e non è bella, oppure lo sappiamo da prima che una cacca di maiale è brutta e puzzolente e basta?! Se poi qualcuno, magari al telegiornale della sera viene a dirci: “No, guarda che non è così; guarda che la cacca di maiale è bella e non puzza!” come mai noi esseri umani ci crediamo, anche se lo sentiamo che puzza e lo vediamo che non è bella?

Forse l’essere umano a volte sa di pancia cosa è bello e cosa non lo è; a volte l’essere umano sa distinguere il profumo di una rosa selvatica dalla puzza della cacca di maiale… me lo auguro, perlomeno. Allora, mi chiedo, perché non sa distinguere un falso profeta da uno vero? C’è qualcosa che mi sfugge in questo passaggio.

Che ci sia qualche cosa che condiziona la capacità di giudizio di un essere umano, al punto tale da fargli dire che la cacca di maiale è altrettanto bella e profumata di una rosa selvatica?! Ebbene sì; questo è possibile! In passato c’erano dei personaggi che ritenevano la cacca di maiale fosse un valido ingrediente, insieme al mallo di noce pestato, per fare in modo che ricrescessero i capelli alle persone che soffrivano di alopecia o di calvizie; ebbene, le persone si spargevano la cacca di maiale sulla testa, perché pensavano che fosse una cosa buona. La cacca di maiale puzzava anche allora e non era bella da vedere, proprio come non è bella da vedere nemmeno adesso. Eppure le persone si spalmavano il cranio con la cacca di maiale!! E non è che smettevano solo perché non funzionava il rimedio; no! Loro continuavano a spargersi il capo di cacca di maiale, anche se i capelli non ricrescevano. Accade anche questo, accidenti!!! L’essere umano è una cosa davvero strana. Ma davvero, davvero, davvero strana.

La capacità di giudizio di un essere umano… mah… è un mistero, secondo me. Io per non sbagliare, mi limito a non giudicare mai. Ad esempio: per me la cacca di maiale non è né bella né puzzolente; la cacca di maiale è una cacca di maiale e punto; fa il suo lavoro di cacca di maiale e chi sarò mai io per dire che è brutta e puzzolente?! Poniamo che la cacca di maiale mi sia del tutto indifferente; che non la amo e non la odio, che non l’ammiro, ma nemmeno la disprezzo. Poniamo che riesco a non avere alcun giudizio o pregiudizio nei confronti della cacca di maiale. Il ragionamento fin qui è comprensibile, no? Alla fine dei conti, che me ne faccio di una cacca di maiale? Niente. La vedo lì nel campo che si secca al sole, ma posso anche ignorarla bellamente.

Ma, per la rosa selvatica è la stessa cosa? Riesco ad essere priva di giudizio di fronte a una profumatissima e meravigliosa rosa selvatica? Ecco, qui confesso che faccio molta più fatica, per un motivo che ritengo essere semplicissimo: negli anni mi sono allenata senza sforzo ad evitare le cacche di maiale, ma mi sono anche allenata altrettanto alacremente a riconoscere le rose selvatiche. In entrambi i casi non ho avuto bisogno di intermediari che mi spiegassero che la cacca di maiale andava evitata e che le rose selvatiche sono una meravigliosa compagnia. Ecco, forse il punto è questo: per capire il mondo, basta osservarlo senza l’interferenza di intermediari. Per capire che la cacca di maiale non mi piace frequentarla, ma che le rose selvatiche è bello frequentarle, non mi serve il telegiornale.

E poi mi dico che le campane stonate non è vero che non si sanno riconoscere; basta fare un po’ di attenzione al disagio che proviamo nel sentirle suonare; il punto è che a volte siamo talmente abituati alla sgradevolezza dei suoni e delle brutture del mondo, che ci sembrano elementi normali, talmente insite e perennemente presenti delle nostre esistenze che, così facendo, diventano la “normalità”. Una campana stonata è un diavolaccio che s’insinua nelle mie orecchie e mi mette in uno stato di profondo disagio; se so capire questo, allora posso scacciare il diavolaccio, altrimenti mi limito a subirlo. Ma prima di scacciare il diavolaccio, devo riconoscerlo. Per me anche il rumore cittadino è un diavolaccio, ad esempio… un diavolaccio pessimo e mi crea disagio; il puzzo delle macchine, le macchine che starnazzano, la musica di un certo tipo a volumi altissimi…ecco, per me sono tutti diavolacci che vanno evitati. E infatti in città non ci vado praticamente mai.

L’Iperico o scacciadiavoli è un’erba detta anche erba di S. Giovanni, perché andrebbe raccolta adesso che ci si avvicina il giorno di S. Giovanni. E’ così: le erbe vanno raccolte il giorno giusto, nel momento giusto e nel modo giusto; è importante. Va raccolta adesso, insieme a molte altre erbe, perché adesso il sole è alto nel cielo, è potente e luminoso e l’Iperico, o Scacciadiavoli, assorbe tutte queste buone qualità, per poi fare in modo che noi la usiamo come scacciadiavoli. Funziona bene per fare un olio potentissimo contro le scottature; funziona anche come antidepressivo e mi sa che c’è tanto bisogno di Scacciadiavoli in questo periodo!! Ma solo se riconosci i diavolacci, puoi appendere lo Scacciadiavoli sulla testiera del letto, o sulla porta di casa, oppure lo puoi spargere ovunque nei cestini di vimini nelle varie stanze della casa. Se tanta gente andasse per campi a raccogliere lo Scacciadiavoli, si mettesse a seccarlo, magari poi ricomincerebbe a capire la differenza fra una cacca di maiale e una rosa selvatica. Non dico che sia scontato, ma potrebbe essere un primo passo.

Prima però, dovrebbero spegnere il televisore e cominciare ad ascoltare le campane che non stonano; sarebbe il minimo.

Iscrivetevi al mio corso di procrastinazione

la procrastinazione, come ben sappiamo, è quel momento reiterato infinite volte nel quale faresti qualsiasi cosa pur di non fare l’unica cosa che dovresti fare subito. Io sono una maestra di procrastinazione; se qualcuno ha bisogno di lezioni, sono disponibile a titolo gratuito. Lo faccio per il bene dell’umanità, davvero!! Mi sono resa conto che a volte, pur di procrastinare una certa cosa, mi metto a farne altre che avevo procrastinato molto prima… e così alla fine, prima o poi faccio un po’ tutto quello che avrei dovuto fare in passato, in sostituzione di ciò che dovrei fare subito.

In qualche momento critico (sapete no, quei momenti dove l’educazione crukka risveglia da qualche parte nel mio io dei flebili lembi di responsabilità), ho voluto capire da dove viene questa mia vocazione a procrastinare. E’ stata una ricerca patetica, perché in definitiva non me ne frega niente da dove viene, perché a me sta bene così. Ho finto di giustificarmi raccontandomi che lo faccio apposta, perché mi devo ribellare a tutte quelle figure autoritarie che hanno costellato la mia vita fin dalla più tenera infanzia, così scodello le mie responsabilità ad altri e posso crogiolarmi nella mia inettitudine quando si tratta di ottemperare a delle scadenze. Il punto è che so benissimo che me la sto raccontando e non funziona; io procrastino perché ho la vocazione all’auto sabotaggio e non la ritengo essere un’inettitudine; per me è un talento!!

Sono la classica persona che a scuola si sentiva dire che “sa le cose ma non si applica…”, oppure quella che “ha grandi potenzialità, ma è pigra…”; dite la verità: quante volte le abbiamo sentite queste “considerazioni” quando andavamo a scuola?! Onestamente io penso che procrastino quando mi annoio, quando manco di stimoli, quando sono satura di routine e manco di motivazione e tutto questo è tipico di un ambiente scolastico. Poi, se una si trova a crescere in un ambiente così, facile che procrastinare diventa un’abitudine, un modo di essere.

Sono giunta alla conclusione che il mio auto sabotaggio è dato dalla totale incapacità di auto motivarmi. IN realtà è una mezza verità anche questa; io so auto motivarmi, solo che il più delle volte non c’ho voglia di farlo. Ecco, a questo punto focale ci arrivano tutti i procrastinatori veramente onesti, prima o poi, ed è questo il motivo che spinge molta gente a comprare pile di libri di auto aiuto e a seguire i più disparati corsi motivazionali. Vanno molto di moda queste attività in quest’epoca di noia profonda e una delle professioni che rende meglio oggi è quella del coach, di quel personaggio che ti aiuta a motivarti, insomma. Serve a raccontarsela dando una parvenza di impegno serio.

Ci avete fatto caso? Ci sono coach spirituali, coach per raggiungere la forma fisica, coach per imparare a mangiare bene o a digiunare, coach per imparare a parlare in pubblico, coach per imparare a fare qualsiasi cosa che da soli non riusciamo a fare perché sostanzialmente non ne abbiamo la minima voglia. In realtà non ci riusciamo nemmeno se ci affidiamo a questi coach, ma almeno possiamo dire di averci provato. Farsi aiutare per fare delle cose che non ci va di fare, solo perché sappiamo che andrebbero fatte, è uno dei business del momento. Dura da parecchi anni oramai, e se non sapete come reinventarvi professionalmente, vi consiglio di fare i coach, a meno che non siate dei procrastinatori, perché allora non funziona.

Ho deciso che da oggi faccio solo quello che mi va di fare, quando mi va di farlo, ma mi sono data una regola semplice: ogni giorno devo fare almeno tre cose che mi piace fare e posso scegliere cosa e come farle, a prescindere se sono o meno urgenti. Questa è la mia strategia per ovviare alla procrastinazione; procrastinando le attività più urgenti, mi occupo delle attività meno urgenti, ma almeno faccio qualcosa. Inevitabilmente le attività che oggi sono urgenti, domani diventano urgentissime e se ne aggiungeranno altre di urgenti. Quando qualcosa mi infastidisce molto perché sta diventando davvero urgente, di solito provo un sottile piacere ignorandola e occupandomi delle attività meno urgenti, così gratifico il mio spirito infantile e ribelle che non sopporta le coercizioni e le forzature dittatoriali e totalitarie. Lo so, sono profondamente infantile.

Mi racconto che “me ne frego” e “faccio solo quello che mi va di fare…” e prima o poi, quello che è davvero urgente viene sostituito da altre urgenze e così mi dedico anche alle cose che ieri erano urgentissime, ma che oggi sono diventate meno urgenti, perché oramai è passato troppo tempo, ed è tardi, e che ci vogliamo fare?! Quindi queste vecchie urgenze possono essere prese in mano e affrontate. A volte prendo in mano le cose quando è davvero palesemente troppo tardi; in questi casi la soddisfazione è doppia, perché riesco a riesumare qualcosa che oramai è andata quasi irrimediabilmente persa e la rendo attuale, la rimetto a nuovo, conferendole una nuova urgenza sufficiente per ridarle dignità e considerazione sufficienti per essere sbrogliata. Purtroppo alla fine non è mai davvero troppo tardi e tutti i problemi, con un po’ di inventiva, trovano una soluzione, spesso ottimale.

E’ molto simile a quelle situazioni dove il protagonista del film, ovvero l’eroe della storia se si tratta di un romanzo, sta per perdere tutto e si trova in una difficoltà apparentemente irreversibile e invece poi arriva il colpo di scena e TRAKKETE!! Tutta la situazione si ribalta e le cose riprendono ad andare bene e c’è sempre il lieto fine, o quasi sempre. Tutto grazie a un po’ di fortuna e alle non indifferenti capacità di problem solving del protagonista. E più è incasinata la storia e più sono immense le difficoltà è più è bello il film, o il romanzo, perché un’esperta di procrastinazione è inevitabilmente anche un’esperta di problem solving; non ci si scappa! Perché? Perché risolve i problemi ordinari sommati ai problemi che si è creata da sola procrastinando.

Comunque vada a finire, la mia tesi che noi procrastinatori, procrastiniamo essenzialmente perché la vita a volte ci appare noiosa e frustrante, torna. In questo modo rendiamo le nostre vite adrenaliniche, ci portiamo su un costante orlo di disperazione apparentemente senza ritorno, per poi darci il classico colpo di pinna, o di coda, per risalire la china, o dal fondo, ancora e per l’ennesima volta e sentirci finalmente di nuovo vivi e capaci!! The end…lieto fine, o comunque fine di un capitolo e avanti il prossimo! A volte i lieto fine non arrivano, ma anche il saper incassare i colpi fa parte della vita, anche i romanzi che finiscono male sono avvincenti, no?!

Vista in quest’ottica, ho pensato addirittura che la procrastinazione salverebbe il mondo dalla noia dilagante, che forse è il vero male di questo tempo (altrimenti non si spiegano tutte queste schiere di masse umane da divano televisivo) ammesso che si riesca a dare quel famoso colpo di pinna o di coda per riassestarsi e andare avanti, prima di soccombere totalmente. Ma se anche si soccombesse, almeno non si è morti dormendo sul divano, ecco. Perché la prima regola del procrastinatore è vivere in un’ansia perenne. Un’ansia adrenalinica che ti porta a non dormirci la notte; altro che divano!! Occorre però avere un certo intuito in merito a quanto ci si può spingere oltre senza per questo precipitare nel baratro senza possibilità di ritorno.

Qualcuno mi direbbe: ma la vita di suo ci mette già abbastanza alla prova, senza che noi ci mettiamo del nostro per rincarare le dosi ansiogene, no?! E’ vero; ma se siamo noi a metterci in palese difficoltà abbiamo l’illusione di poter controllare anche gli eventi avversi; “In fin dei conti queste situazioni me le sono create io!!”, potremmo dire. Ci illudiamo di poter controllare tutto, insomma, anche le peggiori eventualità, quelle più drammatiche e disastrose (perché lo sappiamo tutti che se noi non ci occupiamo attivamente dei problemi, prima o poi i problemi si occuperanno attivamente di noi e allora saranno cazzi…) e in tal senso la procrastinazione è anche un sintomo secondario di una perversa mania di controllo.

Non vorrei dirlo, ma c’è anche la possibilità che chi procrastina sia affetto da una certa insicurezza nei confronti della vita in generale, o viceversa, si sente fin troppo sicuro di poter risolvere tutto; in entrambi i casi, è patologico! Ma che cosa c’è di non patologico oggi?! Mania di controllo, sì, perché altrimenti non avrebbe bisogno di continue conferme create a doc e per dimostrare a se stesso “di potercela fare sempre”! Ma diciamocelo, alzi la mano chi di noi, oggi, è sicuro al cento per cento di potercela fare sempre e comunque in ogni occasione?! Eh? Ci vuole molto, molto molto coraggio oggi, per poter dire una cosa del genere. Nessuna sicurezza, nessuna certezza, nessuna rassicurazione (tutt’altro…fanno di tutto per spaventarci a morte!!). Ma se ce la fai, accidenti…beh, sei o non sei un’eroe?!!

Bene, a tutti quelli che se la stanno facendo sotto perché la vita è brutta e cattiva, io non propongo un percorso di auto motivazione e di stima di sé; io vi propongo un corso accelerato di procrastinazione. E’ come una scuola d’addestramento durissima, perché se ne uscite vivi, se riuscite a superare le difficoltà che riuscirete a crearvi da soli, procrastinando le urgenze urgentissime fino al limite estremo, e infine risolvere tutto con immani e dolorose difficoltà, poi non vi spaventerà più nulla!!!! Fatemi sapere se siete interessati e contattatemi pure; risponderà la segreteria e prima o poi vi richiamo.

L’alternativa è frequentare un noiosissimo e interessantissimo corso dove un noiosissimo coach ti insegna ad essere una persona responsabile e matura, che fa sempre le cose che deve fare nel modo giusto e al momento giusto; avrete finalmente una vita comoda, lineare e apparentemente priva di difficoltà, ma sarete estremamente annoiati dall’ordinario e dal quotidiano che, comunque sia, sarà sempre delirante; non illudetevi. Continuerete ad avere paura e continuerete a non sentirvi al sicuro, perché l’addestramento, quello vero, non ve lo avrà fatto fare nessuno!! Nessuno può sfuggire a se stesso e alle proprie paure, a meno che non faccia qualcosa per affrontarle, sempre e ogni giorno. Non si scappa, nemmeno se si è molto ben organizzati e ligi al dovere, ho pensato; però mi piacerebbe sapere come ci si sente a fare una vita da persona responsabile e matura, per una volta. Così, per provare un’esperienza nuova. In un’altra vita… magari.