E’ così che dormono i frassini?

Quando si sta a guardare l’acqua di un torrente, e il suo scorrere fra i pani appuntiti di ghiaccio ed i massi levigati, con la schiena appoggiata al tronco sicuro di un frassino, beh, a volte e senza che lo si sappia il cuore si lega; non fa male, però la direzione, inevitabilmente, impercettibilmente si sente che cambia.

Se si àncora il cuore a una linea, dando a questa una direzione sconosciuta, questa, forse, prima o poi approda ad un infinito ignoto, inconoscibile; ma supponiamo che per un qualsiasi frangente di imprevedibile dissesto, gli eventi si spostino di un millesimo di grado… l’ignoto infinito al quale si approda sarebbe forse diverso dall’infinito ignoto al quale si sarebbe approdati qualora tale impercettibile spostamento non fosse mai avvenuto?

E quello spostamento impercettibile, quel millesimo di grado che farebbe variare il percorso nel suo complesso e scostare anche di molto un ipotetico, irrealizzabile punto di approdo perso nell’infinito (è un ossimoro? Sì, forse lo è… l’infinito non ha punti di approdo… a meno che non si intenda l’infinito stesso come un unico, immenso punto d’arrivo… che inevitabilmente coincide con il punto di partenza, quindi…)… si diceva, quell’eventuale spostamento minimo esiste di per se, o ha origine da una causa?

E’ imputabile a un battito un po’ più deciso, come se il cuore prendesse o perdesse quota al variare della velocità con il quale pulsa, o che altro? Come se tutti i nostri cuori si muovessero come fanno gli stormi degli uccelli quando si preparano a migrare.

Sì, insomma, nel caso degli spostamenti impercettibili che interessano gli ancoraggi del cuore, le forze che li determinano, e che di conseguenza determinano la direzione delle nostre esistenze, sono spontanee o vi sono delle leve che ne condizionano, facilitano o ne limitano l’innesco? E se vi sono, quante e quali percepiamo davvero, mentre quante e quali non sappiamo nemmeno che tirano i fili invisibili dei moti dell’animo?

Non so… un po’ come se vi fosse (e forse vi è) l’accumulo di un’energia in un punto indefinito nel profondo ed il conseguente rilascio in concentrazioni variabili in uno o più altri punti indefiniti; un po’ questo, intendo. Una sorta di caotico ordine banalmente e inevitabilmente primordiale.

E se questo avviene ed è percepibile, anche le percezioni sono causa di variazioni ulteriori?

E tutti questi movimenti che somigliano ai caleidoscopi ed ai prismi dove i colori caldi e morbidi si lasciano tagliare nettamente e poi sfumare in colori algidi e spezzettati, e gli stessi giochi d’acqua che sciolgono e rarefanno, per poi definire e sfumare in curve di vortici perfetti, da dove prendono origine? O forse non vi è necessità di un’origine, dato che tutto potrebbe essere l’origine di se stesso?

No, me lo chiedo… perché i frassini a parer mio, è di questo che meditano quando son spogli come adesso, e protesi sui torrenti a gustare il sonno di questi crepuscoli invernali.

O forse sono i nodi sciolti che avvolgono il cuore a confondersi con le liane spoglie e arruffate del luppolo, e così anch’esse si perdono a cercare appigli, dondolando nel blu cobalto che si spegne sullo sfondo del giorno, mentre i frassini, in realtà, placidamente, se la dormono e basta… e io è così che vorrei dormire.

Penso tuttavia che le mie elucubrazioni, inevitabilmente e a prescindere dalla specie botanica sotto la quale o nei pressi della quale i malcapitati lettori può darsi si siano nel frattempo venuti a trovare, al sonno più o meno da frassino, qualcuno, senz’altro lo hanno saputo portare.