Vite brevi

A maggio/giugno nascono i cuccioli di capriolo, i così detti “bambi”. Le femmine di capriolo ne partoriscono uno, a volte, e più raramente, due. Appena nati le madri li leccano e poi li allattano. I piccoli di capriolo sono molto vulnerabili appena nati; i predatori come volpi, mustelidi carnivori vari, cani liberi, rapaci e via dicendo, sono tutti potenziali pericoli mortali per i piccoli “bambi”.

cucciolo

Per questo motivo le madri lasciano i piccoli ben nascosti fra l’erba e si allontanano da loro per nutrirsi e poter poi tornare ad allattarli; paradossalmente la presenza delle madri vicino ai piccoli caprioli appena nati potrebbe essere un ulteriore pericolo, perché attirerebbero l’attenzione di potenziali predatori. Un capriolo appena nato e scoperto da un predatore ha probabilità pressoché nulle di cavarsela. Per questo le madri li lasciano nell’erba da soli e ben nascosti e si avvicinano a loro solo per allattarli. In questo modo i piccoli di capriolo possono crescere con minori probabilità di venire predati.

Questa è la natura; ciò che a noi può apparire crudele e snaturato (l’abbandono, seppur momentaneo, di un cucciolo da parte della madre) per i caprioli è in realtà una strategia di sopravvivenza. Il problema è che noi queste cose spesso non le capiamo, o semplicemente non le conosciamo, e pare nulla, ma le conseguenze di questo tipo di “non conoscenza” spesso ha risvolti disastrosi.

Moltissime persone che durante le loro escursioni hanno la “fortuna” di trovare un piccolo “bambi” fra l’erba, nella maggior parte dei casi si avvicinano, lo accarezzano (i piccoli hanno come loro unica arma di difesa il mimetismo e l’immobilità e nemmeno se toccati si muovono) e quando vedono che questo non si muove, scatta quell’istinto protettivo nei confronti del cucciolo che segnerà inevitabilmente la sua morte, o nel migliore dei casi, una vita triste in cattività, se “l’amante degli animali” di turno, preso da compassione e spirito di protezione si spinge a raccogliere il cucciolo “per portarlo al sicuro”.

piccolo

Queste sono tutte azioni da non fare assolutamente! I cuccioli vanno lasciati stare e si deve assolutamente evitare di avvicinarsi al luogo dove sono rannicchiati, perché se la madre sente l’odore di esseri umani o di animali domestici nelle immediate vicinanze del cucciolo, o peggio, addosso al suo piccolo, è sicuro che lo abbandonerà davvero e definitivamente, smettendo di allattarlo. Come si può intuire, il risultato è la morte certa del piccolo.

Men che meno lo si deve raccogliere!!

E questo è uno dei problemi gratuiti che noi esseri umani creiamo e che questi miti animali selvatici devono affrontare nel periodo delle nascite, ma non finisce qui; in realtà il problema maggiore per i piccoli rannicchiati fra l’erba non sono i predatori, ma ancora una volta noi esseri umani; a maggio giugno, infatti, tutti i contadini sanno che viene falciato il fieno. Si entra nei prati con le lame falcianti e si percorre tutta la superficie con le lame a terra; ora, secondo voi, cosa può capitare ad un animale rannicchiato fra l’erba che ha come unica strategia di difesa il mimetismo e l’immobilità?

Beh, so che avete intuito ciò che accade a centinaia di piccoli di capriolo (ma questo è purtroppo anche il destino di molti piccoli di cervo) quando si entra nei prati e nei campi con i mezzi agricoli in estate, ma a costo di sembrare troppo cruda ed esplicita ve lo voglio raccontare nei dettagli, perché trovo sia un modo barbaro di lavorare e perché è bene che l’indifferenza venga smossa con dei resoconti dettagliati.

Ho visto zampe maciullate, spezzate, penzolanti e carni e tendini tagliati dalle lame; e ho visto grandi occhi neri e liquidi sbarrati dal dolore e dal terrore; ho sentito minuscoli cuori battere all’impazzata quando raccoglievo piccoli corpi martoriati e ancora vivi; ho visto il sangue e l’agonia di minuscole creature che hanno la sola colpa di essere nati in luoghi dove la presenza dell’uomo è troppo vicina; ho visto tutto questo e mi sono chiesta che senso abbia. MI sono chiesta a quale punto di civiltà è arrivata la nostra specie se il prodotto è questo.

dolce

E ho pensato a chi sa essere indifferente e non prende posizione fra le fila di chi potrebbe pensare a delle concrete misure di prevenzione e farle applicare. Io quando vedo queste cose, quando vedo che da un anno all’altro il rito macabro si ripete, mi chiedo dove stanno quelli che hanno la responsabilità di tutelare i cuccioli; è una morte atroce quella alla quale vanno incontro!! L’azione delle lame non è quasi mai letale; i piccoli che vengono tagliuzzati agonizzano a lungo prima di morire e se un predatore li trova, per loro è una fortuna, perché è l’unica possibilità che hanno perché le sofferenze finiscano in fretta. Un capriolo tagliuzzato da una lama falciante non urla; forse è per questo che nessuno ci fa caso.

bambi

Da come l’uomo tratta gli esseri che lo circondano si può capire il livello di civiltà alla quale siamo arrivati; in fin dei conti, in nome della tecnica e del progresso, ciò che facciamo agli esseri viventi che popolano il nostro quotidiano, non è molto dissimile da ciò che noi infieriamo a noi stessi come specie. Basta pensare a come spesso vengono trattati i bambini, o i vecchi. Trovo ci sia una scarsissima dose di intelligenza in tutto questo, e di conseguenza un bassissimo livello di evoluzione, lo devo dire.

Ritengo che per preservarci come specie dovremmo cominciare ad avere un po’ più di umiltà nel cuore e dovremmo smettere di pensare che le nostre azioni nefaste non avranno mai delle conseguenze. Essere indifferenti ai problemi che causiamo alla Natura in nome del nostro egoismo e della nostra ignoranza equivale ad essere indifferenti ai problemi che causiamo a noi stessi, alle generazioni che verranno. Occorre guarire dalla stupidità, dall’indifferenza e dall’egoismo; è necessario.

Le foto sono prese dal web.(https://it.pinterest.com/source/creynoldsphoto.blogspot.com -https://it.pinterest.com/source/simply-boho.tumblr.com)

6 pensieri su “Vite brevi

    1. Ciò che è Natura non lo reputo “orribile”, Guido; la Natura sa quello che fa, anche quando a noi pare che “agisca” in modo “orribile”. Noi, invece, ho la netta sensazione che non sappiamo a che cosa portano le nostre azioni, non sappiamo vedere abbastanza oltre e questo dovrebbe comportare da parte nostra una dovuta prudenza, una dovuta umiltà. Agiamo con un’arroganza e una tracotanza che in Natura non esistono, non sono presenti. In Natura tutto avviene secondo uno schema che di volta in volta giustifica se stesso; nulla accade per caso o senza motivo, tutto fa parte di un disegno complessivo preciso e più ampio di ciò che noi riusciamo a cogliere. Le nostre azioni, vista la nostra limitatezza in tal senso, non tengono quasi mai conto di questo schema e nemmeno proviamo ad evolverci un po’ per arrivare a comprenderlo davvero; questa nostra “non conoscenza” rende le nostre azioni lontane da ciò che è naturale e quindi equilibrato. Per capire davvero occorrerebbe molta più umiltà di quella che stiamo mettendo in campo in quest’epoca buia. Ma per “umiltà” non intendo dire “sentirci meno di quello che siamo”, tutt’altro; se noi imparassimo a conoscere la grandezza di ciò che ci ospita potremmo davvero vedere il valore che anche noi abbiamo in questo disegno di cui facciamo parte. Potremmo capire come muoverci in modo meno maldestro e letale, potremmo godere del mondo senza rischiare ad ogni passo di calpestarlo.

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  1. Mi sono molto emozionata durante la lettura di questo tuo scritto e mi hanno colpito le tue bellissime parole “imparassimo a conoscere la grandezza di ciò che ci ospita” Queste tue parole dovrebbero essere il motto di ogni individuo!
    La natura ci offre l’essenza della vita in tutti i suoi momenti.
    Un caro saluto
    E’ un piacere averti scoperta
    Adriana Pitacco

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