Lo scacciadiavoli e la cacca di maiale!

Il problema vero in tempo di falsi profeti, è riuscire a capire dove stanno i diavoli; poi per scacciarli si possono scegliere i modi più congeniali, che esistono e sono efficaci, perché io ne ho le prove. Ma se non si sa chi sono i diavoli e dove sono, se non si riesce a capire chi sono, è facile che ci mettiamo ad ascoltare le campane più stonate e false e pensiamo magari che hanno un suono limpido, cristallino, bello e pulito; questo succede perché non abbiamo le orecchie allenate alla vera e buona musica delle vere e buone campane.

Se un essere umano non ha mai sentito le vere e buone campane ed è assuefatto alle campane stonate, per lui qualsiasi campana può sembrare abbia un suono accettabile. Occorre cercarle attivamente le campane pulite, per poterle ascoltare; così come occorre cercare la Verità e la Bellezza, per poterle apprezzare e riconoscere. Se ci capita di trovarle, poi tutto ciò che ci capiterà di vivere dopo, lo paragoneremo in continuazione con la vera Verità e la vera Bellezza, che poi sono la stessa cosa; sono la manifestazione di un unico stato d’animo. Se le abbiamo trovate, vuole necessariamente dire che le abbiamo cercate. E c’è qualche cosa che ci può spingere a cercare la Bellezza e la verità; ognuno è spinto dal suo personale motivo. Conosco gente che passeggia per giorni fra le montagne alpine e si ferma ad ascoltare le campane delle chiesette di paese, perché ognuna ha il suo suono e, solitamente, è un bel suono.

Mi chiedo, a volte, ma che cos’è che ci fa riconoscere il falso dal vero, le campane che hanno un bel suono, dalle campane stonate? Che cos’è che ci fa dire che una cosa è bella e un’altra cosa invece è brutta? E ancora: esistono cose sia belle che brutte? Mi chiedo a volte: ma se noi esseri umani non abbiamo un buon termine di paragone, anche una cacca di maiale ci può sembrare una cosa bella e profumata; una cacca di maiale sappiamo che non è bella e non è profumata, perché ci sono altre cose molto belle e molto profumate che ci fanno dire che no, la cacca di maiale puzza e non è bella, oppure lo sappiamo da prima che una cacca di maiale è brutta e puzzolente e basta?! Se poi qualcuno, magari al telegiornale della sera viene a dirci: “No, guarda che non è così; guarda che la cacca di maiale è bella e non puzza!” come mai noi esseri umani ci crediamo, anche se lo sentiamo che puzza e lo vediamo che non è bella?

Forse l’essere umano a volte sa di pancia cosa è bello e cosa non lo è; a volte l’essere umano sa distinguere il profumo di una rosa selvatica dalla puzza della cacca di maiale… me lo auguro, perlomeno. Allora, mi chiedo, perché non sa distinguere un falso profeta da uno vero? C’è qualcosa che mi sfugge in questo passaggio.

Che ci sia qualche cosa che condiziona la capacità di giudizio di un essere umano, al punto tale da fargli dire che la cacca di maiale è altrettanto bella e profumata di una rosa selvatica?! Ebbene sì; questo è possibile! In passato c’erano dei personaggi che ritenevano la cacca di maiale fosse un valido ingrediente, insieme al mallo di noce pestato, per fare in modo che ricrescessero i capelli alle persone che soffrivano di alopecia o di calvizie; ebbene, le persone si spargevano la cacca di maiale sulla testa, perché pensavano che fosse una cosa buona. La cacca di maiale puzzava anche allora e non era bella da vedere, proprio come non è bella da vedere nemmeno adesso. Eppure le persone si spalmavano il cranio con la cacca di maiale!! E non è che smettevano solo perché non funzionava il rimedio; no! Loro continuavano a spargersi il capo di cacca di maiale, anche se i capelli non ricrescevano. Accade anche questo, accidenti!!! L’essere umano è una cosa davvero strana. Ma davvero, davvero, davvero strana.

La capacità di giudizio di un essere umano… mah… è un mistero, secondo me. Io per non sbagliare, mi limito a non giudicare mai. Ad esempio: per me la cacca di maiale non è né bella né puzzolente; la cacca di maiale è una cacca di maiale e punto; fa il suo lavoro di cacca di maiale e chi sarò mai io per dire che è brutta e puzzolente?! Poniamo che la cacca di maiale mi sia del tutto indifferente; che non la amo e non la odio, che non l’ammiro, ma nemmeno la disprezzo. Poniamo che riesco a non avere alcun giudizio o pregiudizio nei confronti della cacca di maiale. Il ragionamento fin qui è comprensibile, no? Alla fine dei conti, che me ne faccio di una cacca di maiale? Niente. La vedo lì nel campo che si secca al sole, ma posso anche ignorarla bellamente.

Ma, per la rosa selvatica è la stessa cosa? Riesco ad essere priva di giudizio di fronte a una profumatissima e meravigliosa rosa selvatica? Ecco, qui confesso che faccio molta più fatica, per un motivo che ritengo essere semplicissimo: negli anni mi sono allenata senza sforzo ad evitare le cacche di maiale, ma mi sono anche allenata altrettanto alacremente a riconoscere le rose selvatiche. In entrambi i casi non ho avuto bisogno di intermediari che mi spiegassero che la cacca di maiale andava evitata e che le rose selvatiche sono una meravigliosa compagnia. Ecco, forse il punto è questo: per capire il mondo, basta osservarlo senza l’interferenza di intermediari. Per capire che la cacca di maiale non mi piace frequentarla, ma che le rose selvatiche è bello frequentarle, non mi serve il telegiornale.

E poi mi dico che le campane stonate non è vero che non si sanno riconoscere; basta fare un po’ di attenzione al disagio che proviamo nel sentirle suonare; il punto è che a volte siamo talmente abituati alla sgradevolezza dei suoni e delle brutture del mondo, che ci sembrano elementi normali, talmente insite e perennemente presenti delle nostre esistenze che, così facendo, diventano la “normalità”. Una campana stonata è un diavolaccio che s’insinua nelle mie orecchie e mi mette in uno stato di profondo disagio; se so capire questo, allora posso scacciare il diavolaccio, altrimenti mi limito a subirlo. Ma prima di scacciare il diavolaccio, devo riconoscerlo. Per me anche il rumore cittadino è un diavolaccio, ad esempio… un diavolaccio pessimo e mi crea disagio; il puzzo delle macchine, le macchine che starnazzano, la musica di un certo tipo a volumi altissimi…ecco, per me sono tutti diavolacci che vanno evitati. E infatti in città non ci vado praticamente mai.

L’Iperico o scacciadiavoli è un’erba detta anche erba di S. Giovanni, perché andrebbe raccolta adesso che ci si avvicina il giorno di S. Giovanni. E’ così: le erbe vanno raccolte il giorno giusto, nel momento giusto e nel modo giusto; è importante. Va raccolta adesso, insieme a molte altre erbe, perché adesso il sole è alto nel cielo, è potente e luminoso e l’Iperico, o Scacciadiavoli, assorbe tutte queste buone qualità, per poi fare in modo che noi la usiamo come scacciadiavoli. Funziona bene per fare un olio potentissimo contro le scottature; funziona anche come antidepressivo e mi sa che c’è tanto bisogno di Scacciadiavoli in questo periodo!! Ma solo se riconosci i diavolacci, puoi appendere lo Scacciadiavoli sulla testiera del letto, o sulla porta di casa, oppure lo puoi spargere ovunque nei cestini di vimini nelle varie stanze della casa. Se tanta gente andasse per campi a raccogliere lo Scacciadiavoli, si mettesse a seccarlo, magari poi ricomincerebbe a capire la differenza fra una cacca di maiale e una rosa selvatica. Non dico che sia scontato, ma potrebbe essere un primo passo.

Prima però, dovrebbero spegnere il televisore e cominciare ad ascoltare le campane che non stonano; sarebbe il minimo.

Iscrivetevi al mio corso di procrastinazione

la procrastinazione, come ben sappiamo, è quel momento reiterato infinite volte nel quale faresti qualsiasi cosa pur di non fare l’unica cosa che dovresti fare subito. Io sono una maestra di procrastinazione; se qualcuno ha bisogno di lezioni, sono disponibile a titolo gratuito. Lo faccio per il bene dell’umanità, davvero!! Mi sono resa conto che a volte, pur di procrastinare una certa cosa, mi metto a farne altre che avevo procrastinato molto prima… e così alla fine, prima o poi faccio un po’ tutto quello che avrei dovuto fare in passato, in sostituzione di ciò che dovrei fare subito.

In qualche momento critico (sapete no, quei momenti dove l’educazione crukka risveglia da qualche parte nel mio io dei flebili lembi di responsabilità), ho voluto capire da dove viene questa mia vocazione a procrastinare. E’ stata una ricerca patetica, perché in definitiva non me ne frega niente da dove viene, perché a me sta bene così. Ho finto di giustificarmi raccontandomi che lo faccio apposta, perché mi devo ribellare a tutte quelle figure autoritarie che hanno costellato la mia vita fin dalla più tenera infanzia, così scodello le mie responsabilità ad altri e posso crogiolarmi nella mia inettitudine quando si tratta di ottemperare a delle scadenze. Il punto è che so benissimo che me la sto raccontando e non funziona; io procrastino perché ho la vocazione all’auto sabotaggio e non la ritengo essere un’inettitudine; per me è un talento!!

Sono la classica persona che a scuola si sentiva dire che “sa le cose ma non si applica…”, oppure quella che “ha grandi potenzialità, ma è pigra…”; dite la verità: quante volte le abbiamo sentite queste “considerazioni” quando andavamo a scuola?! Onestamente io penso che procrastino quando mi annoio, quando manco di stimoli, quando sono satura di routine e manco di motivazione e tutto questo è tipico di un ambiente scolastico. Poi, se una si trova a crescere in un ambiente così, facile che procrastinare diventa un’abitudine, un modo di essere.

Sono giunta alla conclusione che il mio auto sabotaggio è dato dalla totale incapacità di auto motivarmi. IN realtà è una mezza verità anche questa; io so auto motivarmi, solo che il più delle volte non c’ho voglia di farlo. Ecco, a questo punto focale ci arrivano tutti i procrastinatori veramente onesti, prima o poi, ed è questo il motivo che spinge molta gente a comprare pile di libri di auto aiuto e a seguire i più disparati corsi motivazionali. Vanno molto di moda queste attività in quest’epoca di noia profonda e una delle professioni che rende meglio oggi è quella del coach, di quel personaggio che ti aiuta a motivarti, insomma. Serve a raccontarsela dando una parvenza di impegno serio.

Ci avete fatto caso? Ci sono coach spirituali, coach per raggiungere la forma fisica, coach per imparare a mangiare bene o a digiunare, coach per imparare a parlare in pubblico, coach per imparare a fare qualsiasi cosa che da soli non riusciamo a fare perché sostanzialmente non ne abbiamo la minima voglia. In realtà non ci riusciamo nemmeno se ci affidiamo a questi coach, ma almeno possiamo dire di averci provato. Farsi aiutare per fare delle cose che non ci va di fare, solo perché sappiamo che andrebbero fatte, è uno dei business del momento. Dura da parecchi anni oramai, e se non sapete come reinventarvi professionalmente, vi consiglio di fare i coach, a meno che non siate dei procrastinatori, perché allora non funziona.

Ho deciso che da oggi faccio solo quello che mi va di fare, quando mi va di farlo, ma mi sono data una regola semplice: ogni giorno devo fare almeno tre cose che mi piace fare e posso scegliere cosa e come farle, a prescindere se sono o meno urgenti. Questa è la mia strategia per ovviare alla procrastinazione; procrastinando le attività più urgenti, mi occupo delle attività meno urgenti, ma almeno faccio qualcosa. Inevitabilmente le attività che oggi sono urgenti, domani diventano urgentissime e se ne aggiungeranno altre di urgenti. Quando qualcosa mi infastidisce molto perché sta diventando davvero urgente, di solito provo un sottile piacere ignorandola e occupandomi delle attività meno urgenti, così gratifico il mio spirito infantile e ribelle che non sopporta le coercizioni e le forzature dittatoriali e totalitarie. Lo so, sono profondamente infantile.

Mi racconto che “me ne frego” e “faccio solo quello che mi va di fare…” e prima o poi, quello che è davvero urgente viene sostituito da altre urgenze e così mi dedico anche alle cose che ieri erano urgentissime, ma che oggi sono diventate meno urgenti, perché oramai è passato troppo tempo, ed è tardi, e che ci vogliamo fare?! Quindi queste vecchie urgenze possono essere prese in mano e affrontate. A volte prendo in mano le cose quando è davvero palesemente troppo tardi; in questi casi la soddisfazione è doppia, perché riesco a riesumare qualcosa che oramai è andata quasi irrimediabilmente persa e la rendo attuale, la rimetto a nuovo, conferendole una nuova urgenza sufficiente per ridarle dignità e considerazione sufficienti per essere sbrogliata. Purtroppo alla fine non è mai davvero troppo tardi e tutti i problemi, con un po’ di inventiva, trovano una soluzione, spesso ottimale.

E’ molto simile a quelle situazioni dove il protagonista del film, ovvero l’eroe della storia se si tratta di un romanzo, sta per perdere tutto e si trova in una difficoltà apparentemente irreversibile e invece poi arriva il colpo di scena e TRAKKETE!! Tutta la situazione si ribalta e le cose riprendono ad andare bene e c’è sempre il lieto fine, o quasi sempre. Tutto grazie a un po’ di fortuna e alle non indifferenti capacità di problem solving del protagonista. E più è incasinata la storia e più sono immense le difficoltà è più è bello il film, o il romanzo, perché un’esperta di procrastinazione è inevitabilmente anche un’esperta di problem solving; non ci si scappa! Perché? Perché risolve i problemi ordinari sommati ai problemi che si è creata da sola procrastinando.

Comunque vada a finire, la mia tesi che noi procrastinatori, procrastiniamo essenzialmente perché la vita a volte ci appare noiosa e frustrante, torna. In questo modo rendiamo le nostre vite adrenaliniche, ci portiamo su un costante orlo di disperazione apparentemente senza ritorno, per poi darci il classico colpo di pinna, o di coda, per risalire la china, o dal fondo, ancora e per l’ennesima volta e sentirci finalmente di nuovo vivi e capaci!! The end…lieto fine, o comunque fine di un capitolo e avanti il prossimo! A volte i lieto fine non arrivano, ma anche il saper incassare i colpi fa parte della vita, anche i romanzi che finiscono male sono avvincenti, no?!

Vista in quest’ottica, ho pensato addirittura che la procrastinazione salverebbe il mondo dalla noia dilagante, che forse è il vero male di questo tempo (altrimenti non si spiegano tutte queste schiere di masse umane da divano televisivo) ammesso che si riesca a dare quel famoso colpo di pinna o di coda per riassestarsi e andare avanti, prima di soccombere totalmente. Ma se anche si soccombesse, almeno non si è morti dormendo sul divano, ecco. Perché la prima regola del procrastinatore è vivere in un’ansia perenne. Un’ansia adrenalinica che ti porta a non dormirci la notte; altro che divano!! Occorre però avere un certo intuito in merito a quanto ci si può spingere oltre senza per questo precipitare nel baratro senza possibilità di ritorno.

Qualcuno mi direbbe: ma la vita di suo ci mette già abbastanza alla prova, senza che noi ci mettiamo del nostro per rincarare le dosi ansiogene, no?! E’ vero; ma se siamo noi a metterci in palese difficoltà abbiamo l’illusione di poter controllare anche gli eventi avversi; “In fin dei conti queste situazioni me le sono create io!!”, potremmo dire. Ci illudiamo di poter controllare tutto, insomma, anche le peggiori eventualità, quelle più drammatiche e disastrose (perché lo sappiamo tutti che se noi non ci occupiamo attivamente dei problemi, prima o poi i problemi si occuperanno attivamente di noi e allora saranno cazzi…) e in tal senso la procrastinazione è anche un sintomo secondario di una perversa mania di controllo.

Non vorrei dirlo, ma c’è anche la possibilità che chi procrastina sia affetto da una certa insicurezza nei confronti della vita in generale, o viceversa, si sente fin troppo sicuro di poter risolvere tutto; in entrambi i casi, è patologico! Ma che cosa c’è di non patologico oggi?! Mania di controllo, sì, perché altrimenti non avrebbe bisogno di continue conferme create a doc e per dimostrare a se stesso “di potercela fare sempre”! Ma diciamocelo, alzi la mano chi di noi, oggi, è sicuro al cento per cento di potercela fare sempre e comunque in ogni occasione?! Eh? Ci vuole molto, molto molto coraggio oggi, per poter dire una cosa del genere. Nessuna sicurezza, nessuna certezza, nessuna rassicurazione (tutt’altro…fanno di tutto per spaventarci a morte!!). Ma se ce la fai, accidenti…beh, sei o non sei un’eroe?!!

Bene, a tutti quelli che se la stanno facendo sotto perché la vita è brutta e cattiva, io non propongo un percorso di auto motivazione e di stima di sé; io vi propongo un corso accelerato di procrastinazione. E’ come una scuola d’addestramento durissima, perché se ne uscite vivi, se riuscite a superare le difficoltà che riuscirete a crearvi da soli, procrastinando le urgenze urgentissime fino al limite estremo, e infine risolvere tutto con immani e dolorose difficoltà, poi non vi spaventerà più nulla!!!! Fatemi sapere se siete interessati e contattatemi pure; risponderà la segreteria e prima o poi vi richiamo.

L’alternativa è frequentare un noiosissimo e interessantissimo corso dove un noiosissimo coach ti insegna ad essere una persona responsabile e matura, che fa sempre le cose che deve fare nel modo giusto e al momento giusto; avrete finalmente una vita comoda, lineare e apparentemente priva di difficoltà, ma sarete estremamente annoiati dall’ordinario e dal quotidiano che, comunque sia, sarà sempre delirante; non illudetevi. Continuerete ad avere paura e continuerete a non sentirvi al sicuro, perché l’addestramento, quello vero, non ve lo avrà fatto fare nessuno!! Nessuno può sfuggire a se stesso e alle proprie paure, a meno che non faccia qualcosa per affrontarle, sempre e ogni giorno. Non si scappa, nemmeno se si è molto ben organizzati e ligi al dovere, ho pensato; però mi piacerebbe sapere come ci si sente a fare una vita da persona responsabile e matura, per una volta. Così, per provare un’esperienza nuova. In un’altra vita… magari.