Il cuculo ha deposto l’uovo… e mi chiedo perché nessuno degli altri uccelli si lamenta

Il titolo del famoso romanzo di Ken Kesey, nonché dell’omonimo film con Jack Nicholson “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, è sbagliato. Il cuculo non ha mai fatto il nido. E di conseguenza nessuno può essere volato sul nido del cuculo. Che Kensey lo abbia fatto apposta? Non lo so.

Ma sta di fatto che accadono queste cose in natura; accade che un uccello deponga il suo uovo in un nido di altri uccelli. E così non ha nemmeno fatto la fatica di costruirsi un nido, ma soprattutto non farà la fatica di crescere la prole. Il cuculo depone un solo uovo, di solito ben più grosso di quelli che già stanno nel nido. Il cuculo qui da me è sempre ben presente. Lo sento cantare e fare i suoi versi un po’ ridicoli nelle fasi primaverili di corteggiamento. Lo sento quando è in esplorazione per decidere quale sarà la casa del suo uovo abusivo. In primavera qui mi sveglio fra il canto delle cince, dei codirossi e del cuculo; ci sono anche le ghiandaie e il picchio verde. Quest’ultimo si fa sentire spesso con la sua risata sguaiata. Meno melodiosa del canto del cuculo, ma a me piace. Mi sta un sacco simpatico il picchio verde, a differenza del cuculo, che mi piace, sì, ma con delle riserve, ecco. E’ che volenti o nolenti siamo tutti pieni di preconcetti, noi umani. A noi piace il picchio verde, perché è un gran lavoratore, e perché non parasitizza i nidi altrui deponendoci uova abusive.

Secondo il metro di valutazione umano, specie alla quale mio malgrado appartengo (lo sottolineo, perché sia mai che me lo dimentico), tutti questi esseri sarebbero definiti “brava gente”…tranne il cuculo. Perché a nostro modo di vedere, il cuculo è un parassita, parliamoci chiaro! Uno di passaggio che si approfitta del buon cuore e dell’ingenuità delle altre specie, deponendo le sue uova nei loro nidi e lasciando che loro provvedano ad alimentare suo figlio, finché questo non sfratterà i fratelli più piccoli e deboli, buttandoli fuori dal nido, per approvvigionarsi di tutto il cibo che i genitori ignari, continuano a portargli con un lavoro di via vai integerrimo e senza sosta. Un po’ come accade per quelli che abbandonano i figli che poi vengono presi in carico dall’assistenza sociale, con la differenza che qui le famiglie d’accoglienza sono sempre molto efficienti e premurose e portano il figlio abbandonato sempre e comunque alla maggiore età e senza fargli mancare nulla. Una cosa così, ma molto più metodica, studiata e ben congeniata, la tattica di riproduzione del cuculo. Il cuculo è un professionista dell’abbandono della prole.

In natura c’è sempre una spiegazione a tutto. Niente accade per caso. Io mi sono chiesta per anni quale fosse la spiegazione per un comportamento di questo tipo e no, non sono ancora riuscita a capire, non sono ancora riuscita a darmela, una spiegazione plausibile. Voglio dire, un uccello come il cuculo non avrebbe problemi di sopravvivenza se anche adottasse i metodi riproduttivi che adottano tutti gli altri uccelli, facendosi un nido e deponendovi le sue uova… eppure, niente: lui fa sta cosa ignobile. E sta cosa comporta la morte di altri uccelli, perché i fratellastri non hanno scampo; vengono inevitabilmente buttati fuori dal nido. Ed è terribile sto fatto che i genitori non ci arrivino, non capiscano e continuino a nutrire un figlio parassita, che non è roba loro.

Insomma, gente; a me sto fatto mi rode. Ed è per questo che non so capirne il senso, perché non so pensarci a mente lucida. Non so vedere la cosa libera da preconcetti. Per me, da qualsiasi lato guardo la situazione, mi pare una roba che non ha scusanti; una cosa inconcepibile, ecco!! Eppure, se la natura ha deciso che sta cosa deve accadere così, un motivo lo avrà avuto, no? E allora mi capita di pensare alla Morte; proprio così. Quante volte di fronte alla Morte abbiamo provato quel senso di impotenza e di smarrimento, dovuto spesso proprio al sentore che la Morte è ingiusta e inclemente? Ecco, più o meno, ci si potrebbe fare su un discorso analogo. Il punto è che in natura accadono cose che noi umani non ci sappiamo spiegare, perché siamo ancora troppo piccoli. Non ci arriviamo perché non ne sappiamo abbastanza della vita, per capire anche la Morte. Se non sappiamo capire le ragioni del cuculo, figuriamoci se sappiamo capire le ragione di madama Morte, mi viene da dire.

Io sono sicura che il giorno che arrivo a capire perché il cuculo si riproduce in questo modo sciagurato, capirò qualcosa di molto importante della vita su questa Terra; e magari sarà il giorno in cui una Signora avanti con l’età e con i capelli candidi raccolti in una crocchia voluminosa, il viso pallido con un sottile naso dritto e gli occhi grigi, e con addosso un bell’abito vittoriano di raso e pizzo nero, verrà a prendermi per portarmi sottobraccio in uno splendido giardino all’inglese. Ci saranno ruscelli d’acqua dolce e molte rose e alberi e cespugli di biancospino fra i quali cinguettano i codirossi, le cinice, i merli ed i passeri che ci avranno già fatto il nido; ci sarà pure il cuculo, che svolazza di qua e di là un po’ inquieto, muovendosi veloce fra i rami dei tigli e delle querce secolari, perché ha l’impellenza di deporre un uovo in qualche nido altrui. E con Lei, con la Signora sottobraccio passeggerò lentamente e sarà la prima volta forse che saprò sorridergli, al cuculo… perché avrò capito finalmente perché lo fa e che senso ha.

Ma non so se potrò dirvi come va a finire.

Faust – un film di Alexander Sokurov

Ha vinto il Leone d’oro alla 68° mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nel 2011.

Ispirato all’opera omonima di Johann Wolfgang von Goethe, il film riprende le vicende del dott. Faust e si ispira al personaggio mitologico del nostro tempo, presente nelle opere liriche, nella danza, nelle opere teatrali.

Il dott. Faust è un personaggio trasgressivo, che conduce una ricerca che lo porterà al limite della conoscenza umana. Credo che ciò che davvero affascina di Faust sia proprio questo aspetto del volersi spingere oltre il conoscibile.

L’ambientazione del film è medievale ed evidenzia le terribili condizioni di vita dell’epoca; fin dalle prime immagini si percepisce la condizione di estrema povertà e tutto è reso in maniera estremamamente fisica. Nelle prime sequenze del film il dott. Faust aiutato dal suo assitente Wagner, sta sezionando il corpo di un cadavere; il tutto è reso in maniera talmente cruda che pare di percepire le sensazioni tattili del dottore che immerge le mani nelle viscere del cadavere; si ha come la sensazione di percepire addirittura gli odori nauseabondi che da quel corpo emanano.

La luce è resa con poche tonalità di colore, per lo più fredde e crea un’atmosfera inquietante nel corso di tutto il film. Traspare il senso di opressione che prova Faust vivendo in un contesto che non gli permette di espandere ulteriormente la sua conoscenza; si avverte attraverso l’uso della luce il senso di chiusura e di oppressione che il personaggio vive.

A volte però la luce è resa in maniera quasi eccessiva, forse a sottolineare il passaggio dei limiti sensoriali ordinari e quotidiani ad una dimensione esperienziale diversa, sconosciuta e misteriosa; questo accade nei momenti in cui appare Margerete, ovvero l’oggetto di desiderio del protagonista.

Io che amo le fiabe e le favole, credo che questo film abbia molto in comune con questo genere di narrazione: Il Faust di A.Sokurov invita a leggere fra le righe, ad andare oltre al racconto visibile, oltre al dialogo. In un certo senso è l’invito che il romanzo stesso di Goethe fa al lettore, ovvero quello di spingersi oltre all’ordinario, oltre al conosciuto, ma Sokurov lo fa in maniera ancor più velata; questa è l’essenza di questo film e se ci pensiamo bene è l’essenza di tutti i racconti o fiabe per bambini che insegnano alla mente di vedere oltre le comuni esperienze quotidiane, al fine di ottenere un tipo di conoscenza, di saggezza più solida.

E’ un film enigmatico, dunque, che lascia spazio alla comprensione individuale, all’immaginazione di chi lo vede. La comprensione dei personaggi e dei loro obiettivi avviene attraverso un lavoro di immedesimazione che chi vede il film deve fare con uno sforzo in più, perché nulla è ben definito, nulla è dato per scontato. E questo rende il tutto ancor più affascinante, a parer mio, perchè somiglia moltissimo all’incertezza che ognuno di noi prova di fronte alla domanda: che cosa cerco? Cosa voglio?

Non vi è l’iniziale dilemma sull’esistenza di Dio che invece si trova nel romanzo e nella maggior parte delle opere su Faust. Per il dottor Faust se esiste il bene allora esiste anche il male. Se esiste Mefistofele, allora esiste Dio. Lo scopo che lo spinge alla ricerca, allo studio e alla conoscenza è l’esigenza di trovare l’essenza della vita, per arrivarvi e realizzare qualche cosa di grandioso, di eterno.

Per fare questo Faust sfida il male, il diavolo, ovvero Mefistofele e anche Goethe nel romanzo dice che Dio ha bisogno del diavolo, perché se non esistesse il diavolo, allora nessuno crederebbe in Dio.

E ciò che accade in Natura è esattamente la stessa cosa: se non ci fosse la notte, non ci sarebbe il giorno, se non ci fossero le stagioni fredde, non ci sarebbero le stagioni calde, così come se noi esseri umani non vivessimo, non potremmo morire, se non morissimo, non ci renderemmo conto della grandiosità della vita; ogni cosa definisce il suo opposto.

E ho pensato che se la conoscenza è paragonabile alla luce ed al bene, allora non potrebbe esistere senza l’ignoto e senza il male. E infatti Faust si rivolge a Mefistofele per arrivare alla conoscenza della quale è in cerca; ha bisogno del male per giungere al dunque.

Faust nel romanzo di Goethe è un uomo anziano, ma A.Sokurov lo presenta invece come un uomo di mezza età, con una certa esperienza questo sì, ma non vecchio. L’interesse per la vita viene risvegliato in lui dalla perfezione dell’innocenza pura e incontaminata di Margerete. L’uso della luce della quale si parlava prima esprime benissimo questa condizione del personaggio femminile. E’ come se tutto ciò che l’uomo fa per rendere piacevole la propria esistenza, rappresenti il tentativo di andare oltre a ciò che all’uomo è concesso di comprendere.

Ad ognuno di noi sono stati dati degli elementi di comprensione e non per tutti questi elementi sono gli stessi; molto dipende dalle esperienze che un essere umano può fare e da come queste esperienze vengono assimilate ed elaborate da noi stessi. La purezza che Faust coglie in Margerete è uno degli elementi che lo saprebbero portare oltre e di questo lui è consapevole e per questo è disposto a scendere a patti con Mefistofele pur di ottenerla.

In realtà Faust in Margerete cerca il piacere e in questa ricerca non perde di vista la ricerca prima, ovvero l’idea di immortalità.

E’ così per tutti i piaceri della vita, se ci si pensa; il tempo che abbiamo a disposizione è sempre troppo poco e di questo quasi tutti sembriamo renderci conto, tuttavia quasi tutti sprechiamo il nostro tempo con l’inutile trastullarci fra pensieri vuoti e attività altrettanto futili.

L’essenza della vita è un’altra cosa e Faust lo sa bene; è ciò che gli permetterebbe di aver vissuto senza aver sprecato il suo tempo. Lui è arrivato a questa conclusione perché ha passato il suo tempo studiando, cercando di capire e sopratutto a pensare al significato del suo esserci. Nella consapevolezza di essere un granello di polvere nell’immensità dell’Universo, Faust sente l’esigenza di darsi una definizione che sappia andare oltre e sa di avere poco tempo a disposizione per poterlo fare.

Il tempo è un tema centrale di questo film; o meglio, il tempo inteso come opportunità forse irripetibile di conoscenza che ogni singolo individuo ha, è il vero tema del film, a mio modo di vedere. Perchè dico forse? Perché l’immortalità di un’anima non è fra le nozioni che mi è dato di conoscere, ancora, non so a voi. 🙂

Potrei avere un’anima immortale e allora, in tal caso, avrei  altre oppurtunità, altro tempo. Oppure potrei avere un’anima che muore con il mio corpo; in tal senso la mia anima avrebbe a sua disposizione solo il tempo che rimane a disposizione del mio corpo.

In questo film si rende evidente quanto è impossibile per noi uomini arrivare a capire la vita e mi chiedo, che consolazione può dare una risposta artificiosa, seppur rassicurante? Personalmente non me ne dà nessuna e trovo maggior conforto nel continuare a cercare, esattamente come fa Faust fino alla fine del film.