Fra i ricordi migliori, gli odori.
Quello dei cortili dove il sole capitava come per caso nelle albe di settembre, mentre tutti dormivano e accendeva i canti dei galli, e smuoveva il cicaleccio fra gli alberi prima che i frulli d’ali scendessero a rovistare fra i cumuli di letame maturo, e intanto giù al torrente i germani portavano i pulcini a tuffarsi fra le alghe ed i muschi dei fondali.
E c’era l’aria dolce dell’erba calpestata dalle mandrie che salivano alle malghe in aprile, le resine piangenti che gorgogliavano cristalline dai tronchi feriti, i petali dei martagoni sotto le pareti verticali e l’aria che sapeva d’acqua, e di stami di foglie aperti ai pollini dei mughi prostrati, e poi l’odore che si sollevava dalle stelle gialle dei prati esplosi in costellazioni, adagiate sotto i mantelli dei faggi dalle foglie nuove.
E fra i ricordi di adesso quegli odori ci sono ancora, ora, qui.
Fra i ricordi migliori c’è la luce, e poi i colori.
Ci sono sempre stati i colori fra i ricordi migliori e non sono mai stati gli stessi.
Quelli che immaginavo guardando attraverso i veli di nebbie distese sul lago, quelli della pelle vellutata dei lamponi e delle more selvatiche, maturi, aggrappati gli uni agli altri, fra il colore tenero del loro abbraccio estivo; i colori delle albe di carta velina che si scaldavano troppo lenti nelle mattinate di novembre, ed i larici dalle fronde di fuoco quando l’aria si faceva fredda, il velluto dei muschi durante i temporali, l’erba morente e smossa dal vento di ottobre.
I colori che non so dire, quelli sono fra i ricordi migliori.
E poi fra i ricordi migliori ci sono le pergamene di betulla, le gemme masticate prima che nascessero, il ridere chiaro delle piccole foglie a sonagli.
E fra i ricordi migliori, fra i ricordi di adesso c’è il sapore delle fragole selvatiche, della fibra di festuca, dello zucchero che sgorga dalla linfa dell’erba piegata dai venti, e l’acre degli aghi dei pini masticati a ciuffi di tre, e poi le acque di sorgente filtrata dai succhi della terra, i balzi degli animali selvatici in fuga che entrano nel palato lungo i pendii, e poi scendono come lacrime con la saliva quando senti la fatica, e bevi il tuo stesso sale.
I ricordi migliori di adesso, quelli da preservare lasciano le cortecce dei larici sotto i polpastrelli, le piume nere e morbide a scorrere sulla pelle, i cuscini di licheni e muschi sul palmo, la freschezza che lenisce dei sassi raccolti dalla terra fredda e appoggiati sulla puntura di una vespa, il pettine di dita che scorre fra le spighe d’erba, l’aria che scivola fra le ciglia di sole, i cristalli di brina che sostano sui capelli, la pioggia tiepida che sorprende e la neve che si fa acqua e gioco sui sorrisi dei bambini.
I ricordi migliori in una vita sola non ci stanno tutti, ma alcuni possono essere suonati e fatti vibrare all’infinito, finché di ricordare fra un ricordo e l’altro ci si mette a viverne di nuovi, e più forti, e immensi ancora.
Fra i ricordi migliori, quelli di adesso c’è anche questo: